La pressione è fortissima. Così come il timore che la cosiddetta «maggioranza salva-Italia» e la fotografia del vertice a tre Alfano-Casini-Bersani possano danneggiare l’immagine del Pdl, stretto tra l’imperativo della responsabilità e l’allentamento del patto di fiducia con il proprio elettorato. Un crinale pericoloso che spinge Silvio Berlusconi, al rientro a Roma, a convocare un vertice serale con lo stato maggiore del Pdl. Una riunione a cui prendono parte, oltre al segretario Angelino Alfano, i capigruppo di Camera e Senato, i coordinatori del partito, Gianni Letta e Altero Matteoli.
L’obiettivo è definire una strategia per uscire dalla zona grigia, dalle sabbie mobili della terra di mezzo. Il dato dei sondaggi preoccupa anche se c’è chi fa notare che dal 23% il Pdl sarebbe risalito al 24,9% e che, nell’area di centrodestra, resiste un 43% di indecisi. Silvio Berlusconi ha sposato fino in fondo la linea della responsabilità e a quei dirigenti che lo invitano a considerare una accelerazione verso il voto risponde con un secco diniego. «Il Paese non se lo può permettere. Dobbiamo avere una visione dell’interesse generale, non un’ottica condominiale». Piuttosto il presidente del Pdl invita a vigilare affinché sul fronte delle riforme, e in particolare sulle liberalizzazioni «non ci siano figli e figliastri». Sul fronte politico Berlusconi si dice consapevole che questa situazione rischia di premiare il solo Pier Ferdinando Casini. Ma lui, come gli altri dirigenti, ribadisce che non bisogna cadere in questa trappola. La parola d’ordine è «non c’è nessuna maggioranza politica» né prove tecniche di grandi alleanze. Piuttosto bisogna far ripartire l’iniziativa del partito, difendendo gli interessi dell’elettorato di centrodestra senza timidezze. Quindi no a riforme «ad categoriam», no a interventi legislativi che facciano la voce grossa con i pesci piccoli lasciando intatti i giardinetti dei grandi potentati, no a provvedimenti serviti già pronti e sottoposti all’attenzione del Pdl solo per un timbro o una firma. E poi avanti con una battaglia per il pagamento rapido dei debiti della Pubblica amministrazione e per l’accesso al credito da parte della piccole e medie imprese. Provvedimenti necessari per riaccendere il rapporto con le categorie e le associazioni di rappresentanza. Ma anche una «operazione speranza», visto che come sottolinea Berlusconi, sui media ormai si sussegue un bombardamento di messaggi negativi che più che effetti recessivi ne può avere di depressivi.
Angelino Alfano predica calma. È consapevole che sono molti gli avvoltoi che scommettono sulla spaccatura del partito e invita tutti a una prova di maturità e a giocare di squadra, anche perché scivolare verso l’opposizione equivarrebbe a «una scelta di retroguardia». Gli ex An, a loro volta, spingono per impostare la trattativa con Monti su posizioni più nette. Tutti, però, concordano sulla necessità di alzare il tiro dal punto di vista comunicativo. «Monti sta pescando dalla cassetta degli attrezzi del governo Berlusconi, dalle infrastrutture al contrasto all’evasione, dalla scuola alle liberalizzazioni sui servizi pubblici locali» sottolinea Annamaria Bernini. Come dire che non siamo all’anno zero delle riforme. E i distinguo da parte dell’esecutivo non sono più benvenuti.
Sullo sfondo filtrano indiscrezioni sulla volontà di Berlusconi di mettere in vendita Emerald Cove, la villa di Antigua che l’ex premier, dopo averla comprata e ristrutturata, è riuscito a raggiungere solo poche volte in questi anni. Un’intenzione che si scontrerebbe con la difficoltà di trovare acquirenti. E che sarebbe stata determinata anche dall’enorme esborso patito a beneficio di Carlo De Benedetti per il Lodo Mondadori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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