Roma - Una buona dose di realpolitik ma anche molta preoccupazione. È questo lo stato d’animo con cui Silvio Berlusconi si prepara a partecipare al vertice tra Ue, Lega Araba e Unione Africana in programma oggi a Parigi. La partecipazione dell’Italia all’intervento in Libia sancito dalla risoluzione Onu, infatti, non è mai stata in dubbio neanche quando in Consiglio dei ministri Roberto Calderoli è arrivato a evocare il «rischio che finisca come in Somalia». Ma il Cavaliere ha ben chiaro che, per una serie di ragioni, l’Italia è il Paese che più ha da perdere in questa partita. Ragioni politiche, geografiche ed anche economiche.
Ed è anche per questo che Palazzo Chigi in queste settimane aveva preferito attestarsi seppur prudentemente con la più morbida linea-Merkel. Perché arrivare a un intervento armato nei cieli libici per il nostro Paese rischia di essere comunque «una situazione a perdere». Così la definisce il premier nelle tante conversazioni private della giornata, soprattutto quando si valuta il rischio che le ritorsioni più dure possano colpire proprio noi per primi. Intanto c’è il pericolo già più volte paventato da Roberto Maroni e cioè che Tripoli riversi sulle nostre coste decine di migliaia di clandestini. Ma non si esclude affatto - e il tema è stato oggetto di dibattito tra Berlusconi e i ministri Franco Frattini e Ignazio La Russa - che la ritorsione possa anche essere «militare». Che l’Italia, insomma, possa essere oggetto di un vero e proprio attacco missilistico. Nel pacchetto «a perdere», poi, un certo peso ce l’ha anche la questione economica. Al momento, infatti, l’Italia è uno dei principali partner della Libia con l’Eni che opera sul territorio da decenni. È chiaro, però, che un nuovo governo che dovesse nascere dopo un intervento militare della comunità internazionale non potrebbe che privilegiare quei Paesi che sono stati in prima fila sul fronte interventista. E dunque Francia e Inghilterra. Non è un caso che Berlusconi non nasconda un certo disappunto per quello che viene considerato un eccesso di protagonismo da parte di Nicolas Sarkozy.
Tutte preoccupazioni che il Cavaliere ha intenzione di mettere sul tavolo del vertice di Parigi. La partecipazione attiva dell’Italia, infatti, non è in discussione. Lo hanno detto chiaro e tondo anche Frattini e La Russa durante un Consiglio dei ministri decisamente a ranghi ridotti (solo otto presenti).
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