Il Cavaliere è stufo dei finiani: fanno killeraggio eterodiretto

Roma«Uno schifo, una cosa inaccettabile, un killeraggio a freddo». È da poco passata l’una di notte quando su RaiDue scorrono i titoli di coda di L’ultima parola e Silvio Berlusconi è già con il telefono in mano. Con i suoi interlocutori non usa mezze misure per commentare lo scontro appena andato in scena tra i finiani Italo Bocchino e Adolfo Urso da una parte e Maurizio Lupi e Daniela Santanchè dall’altra. Perché, dice chiaro e tondo, «spettacoli simili ci fanno solo perdere centinaia di migliaia di voti». Una cosa «incredibile», insomma, «un’aggressione in piena regola» che è stata di una «violenza inaudita».
C’è l’ha soprattutto con Bocchino il Cavaliere, visto che, spiega nelle sue conversazioni private, il suo attacco personale a Lupi è stato «così livoroso» solo perché «il vero obiettivo ero io». Un’uscita che, è la convinzione del premier, è stata eterodiretta. A Palazzo Grazioli, infatti, non passa inosservata la frenesia con cui il braccio destro di Fini messaggia sul suo telefonino per tutta la trasmissione. «Sembrava Ambra ai tempi di Non è la Rai», chiosano a via del Plebiscito. Dove hanno pochi dubbi sul fatto che il Gianni Boncompagni della situazione fosse proprio il presidente della Camera. Un killeraggio a freddo, appunto. Perché, è il ragionamento che fa Berlusconi, nell’ufficio di presidenza di qualche ora prima si erano ben guardati dal dire certe cose, anzi. Ed è proprio questo che fa perdere la pazienza al premier, visto che prima «vogliono la democrazia interna» eppoi «ci sputtanano in televisione».
La trasmissione condotta da Gianluigi Paragone, dunque, allarga ancora di più il solco - peraltro già siderale - che separa da tempo Berlusconi e Fini. E poco importa se ieri il finiano Pasquale Viespoli prendeva le distanze da «certi eccessi» dell’una e l’altra parte e spiegava che «i finiani non hanno mai nominato un portavoce». Un chiaro riferimento agli affondi di Bocchino di cui però il Cavaliere non si cura affatto. Se dopo l’ufficio di presidenza del Pdl hanno capito di esserne usciti troppo indeboliti - è il ragionamento del premier - non è né un problema mio né una questione che va risolta davanti a milioni di italiani. Insomma, «Fini decida cosa vuol fare da grande». Perché, diceva ieri in privato Berlusconi dopo essere rientrato ad Arcore, «se ci tiene tanto a fare politica può sempre chiedere a La Russa di dimettersi da coordinatore del Pdl e prendere il suo posto».
Un Cavaliere, insomma, che nonostante le diplomazie siano al lavoro per cercare una ricomposizione non pare intenzionato a concedere più nulla. Perché dello scontro televisivo non l’hanno colpito solo la «violenza» e il «livore» di Bocchino e Urso, ma soprattutto la «volontà di accendere lo scontro a tutti i costi». Hanno fatto l’impossibile, confida in privato Berlusconi, pur di alzare i toni ben oltre il lecito. D’altra parte, a conferma che in queste ore i finiani sono un po’ sopra le righe, è sufficiente dare uno sguardo al polverone che si alza su una battuta di Fabio Granata (nel minacciare elezioni anticipate, dice, Schifani ha pisciato fuori dal vaso) poi successivamente smentita. Che poi, almeno stando a un sondaggio di Ipr Marketing, il 62% degli italiani è d’accordo con il presidente del Senato quando dice che in caso di rottura tra Berlusconi e Fini si deve tornare alle urne (i contrari sono invece il 30%).
Al di là dei toni accesi, però, l’input che arriva dal Cavaliere è di non alimentare lo scontro. Tanto che durante tutta la giornata nessuno torna sulla querelle tv e pure Berlusconi, almeno pubblicamente, non ne fa parola. Perché, spiega in privato, cose di questo genere «fanno solo perdere consensi». Certo, confida, fosse possibile bisognerebbe far vedere a quelli di An la cassetta della trasmissione, così si rendono conto di dove stanno davvero i fascisti. Battuta chiaramente riservata a Bocchino che in trasmissione aveva dato dello «squadrista» a Lupi. A microfoni accesi, dunque, il premier glissa completamente sulla vicenda.

Anche perché, spiega, «si tratta di cose superabili». Insomma, «la maggioranza resisterà e il governo continuerà». Perché ci sono margini per «ricompattare» ma soprattutto perché «in qualunque direzione si vada non ci saranno problemi».

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