Roma - Al secondo giorno di quello che si annuncia essere il «mese della responsabilità» il copione non cambia. Riunioni e incontri a Palazzo Grazioli, rassicurazioni sul fatto che «il governo andrà avanti» e via a dichiarare che «nessuno vuole le elezioni anticipate perché bisogna essere fedeli al patto con gli elettori». La verità - nonostante il tentativo di Berlusconi che ormai da tre giorni ha dato il via libera alle colombe per cercare una strada alternativa alle urne – è che le somme si potranno tirare solo a fine mese, quando finalmente il Cavaliere interverrà alle Camera. E che al di là delle buone intenzioni difficilmente si potrà risolvere una crisi dove i due principali contendenti hanno interessi diametralmente opposti. Fini mira a tenere in piedi il governo – pur avendone scardinato punto per punto la sua azione durante l’intervento di Mirabello – solo per logorare il Cavaliere e avere il tempo di organizzare il suo partito per la tornata elettorale. Mentre Berlusconi – pur consapevole dei limiti che ha oggi il Pdl e del rischio che le urne gli consegnino un Senato senza la maggioranza – non può accettare di restare sulla graticola due anni.
Per il momento, però, si continuano a muovere le pedine sulla scacchiera. Con il premier che convoca un’altra riunione allargata e spiega nel dettaglio la teoria delle maggioranze variabili. Con i cinque deputati dell’Mpa di Raffaele Lombardo, infatti, Pdl e Lega arrivano a quota 311. Per la fatidica soglia di 316 ne basterebbero solo altri cinque che potrebbero arrivare dai Liberaldemocratici o da Noi Sud. A quel punto il governo avrebbe una maggioranza autonoma dai finiani e di provvedimento in provvedimento potrebbe a seconda dei casi cercare di allargarsi al Fli o all’Udc. Insomma, una sorta di “area cuscinetto” per garantire il sostegno all’esecutivo, che secondo i conti fatti a Palazzo Grazioli avrebbe già toccato quota ventidue. Un ragionamento che fila sotto il profilo numerico ma che non sta in piedi dal punto di vista parlamentare. Basti dire che con una maggioranza schiacciante più volte in questi due anni il governo si è trovato ad andare sotto. Berlusconi lo sa bene, ma evidentemente non vuole lasciare nulla di intentato e così rassicura tutti arrivando a dire che a fine settembre la maggioranza potrebbe essere anche più ampia di quella che ha dato la fiducia al governo. Ribadendo che «il tentativo va fatto». Il premier cita pure la vicenda Bonanni perché «dimostra che la sinistra ha deluso nelle politiche sindacali» mentre «noi ci stiamo comportando bene». Un patrimonio, dice, che andrebbe disperso. Messaggio recepito dai ministri, in prima fila le colombe di Liberamente: Frattini, Carfagna, Gelmini e Prestigiacomo. Anche se non è un caso che il Cavaliere pretenda l’autosufficienza dai finiani. Per lui quello è un capitolo chiuso.
I problemi insomma restano tutti. Tanto che uno solitamente attento ai dettagli come Osvaldo Napoli non manca di sottolineare che «la maggioranza dovrà essere omogenea e non episodica». Appunto. Così, forse non hanno torto quei ministri convinti che il Cavaliere abbia deciso di prendere tempo. Un voto a novembre, infatti, avrebbe trovato impreparato Fini ma anche il Pdl. Alle prese con grosse beghe in alcune regioni del Sud, con un’organizzazione da rivedere e con una vera e propria guerra tra bande anche tra i ministri più vicini al premier. Così, tornano i rumors su un ribaltone tra i tre coordinatori, magari sostituiti da un coordinatore unico. Perché l’ipotesi del voto a marzo – insieme alle amministrative - resta ancora la più gettonata. Cercando nel frattempo di accelerare sul federalismo e sul piano Sud su cui sta lavorando Fitto.
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