di Giorgio Caprotti
Sono tempi in cui si va disperdendo sempre più la nostra bella «lengua milanesa», una volta tanto abituale d’intesa negli uffici e nelle trattative commerciali, oltre che nelle nostre epicuree serate, una tantum a tavola rilassati dalla nostra operosità ma anche negli spuntini negli intervalli teatrali. Persino alla Scala. Chi veniva qui in cerca di lavoro doveva cercare prima di tutto di impararsela quel tanto che gli serviva per essere inteso. Poi la cosa andava da sé, prima o poi, ma senza attese troppo lunghe, ed eccolo a darsi da fare per riscuotere le entrate fra complimenti e colpetti di mano di apprezzamento sulla spalla. L’«effetto Milano» funzionava così: uno si sentiva tanto stimolato da essere contento di gareggiare e far risaltare le proprie capacità fra gli «Òccio!» («occiu», apri l’occhio al rischio) e il «saramán» (la stretta amichevole di mano). Ora non va proprio così, in una rete di non sempre lindi favorimenti. L’antico vincolo delle tradizioni però ebbe sempre su di noi il suo fascino, tanto che già il 9 giugno del 1924 (dico: non del secolo scorso ma del millennio scorso!) in una saletta del Ristorante Candidezza (nella centrale via Unione), oltre le due spaziose salemanger, un gruppetto di 29 indaffarati milanesoni cominciò a realizzarsi l’«ideina di un sodalizio per conservare le buone tradizioni ambrosiane». E il 30 dello stesso mese si costituì, con la stesura in stretto meneghino stretto, la «Famiglia Meneghina » partendo con un cin-cin di vino rosso e una nostra tipica «risottata con sopra l’osso buco». Con quel nostro riso europeo, poi dorato di zafferano, risalente ai tempi viscontei, trapiantato a ciuffi dalle mondine nelle vasche dell’azzerata palude e ricchi di rane e di ittiocoltura di sode carpe risaiole. Così ecco che, presto, quella saletta non bastò più, tanto fu l’attrattiva del passato trattato con naturalezza anche con pubblicazioni, ricerche storiche e promozione di una applauditissima compagnia teatrale e in più la rigorosa selezione del «Milanese dell’anno » dal 1979. La turbata crisi economica causò l’affievolirsi di molte società ma ecco farsi regista l’imprenditore Alessandro Gerli che anche inquadrò la preziosa biblioteca che via via si andava arricchendo, di così tanti rari testi donati, da riempirne l’arca di Noè di cui Gerli fu eletto timoniere, fondando l’Associazione Culturale Biblioteca Famiglia Meneghina che si abbinò alla mitica Società del Giardino.
Potè così riattivare anche il premio «La mia vita per Milano»ed ecco entrare nell’Albo d’oro i premiati del 2012: il milanese giornalista Franco Manzoni, storico e poeta; don Franco Buzzi, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana; il Cavalier Mario Boselli, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana che ha portato Milano nel poker mondiale con New-York, Londra e Parigi; l’architetto Gianni Ferri, storico e attore col Cavalierato al Merito della Repubblica del 2010.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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