Cdp dovrà cedere il suo 10% in Enel

Vendita entro il luglio 2009. Ipotesi di buy back per non perdere il controllo

da Milano

La Cassa depositi e prestiti non potrà detenere in contemporanea partecipazioni significative dell’Enel e della rete ad alta tensione Terna. Ed entro il luglio 2009 dovrà sbarazzarsi della quota detenuta in Enel, che diverrà così scalabile. Almeno in teoria, ma è noto che il ministero del Tesoro (che detiene il 20% di Enel) non ha nessuna intenzione di cedere il controllo della società. Ed entro due anni e mezzo una soluzione si troverà. O anche più soluzioni. Il Consiglio di Stato ha ribadito ieri l’obbligo della vendita perché la situazione creerebbe un conflitto di interessi. Cdp si troverebbe infatti a gestire un produttore di energia (l’Enel) e nello stesso tempo un «trasportatore» (Terna) che, almeno in teoria, potrebbe favorire l’Enel stessa.
Il Consiglio ieri ha accolto solo in parte l’appello presentato dalla Cassa contro l’Antritrust per Terna. Il Tribunale ha confermato per la Cassa l’obbligo di cedere, dal luglio 2007 ed entro i 24 mesi successivi, il 10,2% posseduto in Enel e l’obbligo di rafforzare il comitato di consultazione. Il consiglio ha accolto invece il ricorso per la parte relativa all’obbligo di nominare in via transitoria almeno 6 dei 7 consiglieri spettanti a Cdp nel cda di Terna in base a caratteristiche di indipendenza.
La Cassa depositi e prestiti aveva chiesto al Consiglio di Stato l’annullamento della sentenza con cui, lo scorso 8 febbraio, il Tar del Lazio aveva confermato i vincoli imposti dall’Antitrust nel dare il via libera all’acquisizione da parte di Cdp del 29,99% del capitale sociale di Terna e del ramo d’azienda Grtn. Ora Cdp dovrà far fronte all’obbligo di cedere il 10,2% detenuto in Enel, stabilito dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. In questa prospettiva la presenza dello Stato nel capitale di Enel vedrebbe ridotta al 20% e di conseguenza sarebbe più facilmente scalabile la società elettrica.
Questo almeno in teoria, ma già l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e poi l’attuale, Romano Prodi, hanno ribadito che lo Stato non è disponibile a cedere il bastone del comando nel gruppo elettrico guidato da Fulvio Conti. E i due anni a partire da luglio danno un «polmone» di tempo per trovare una o più soluzioni. Quali? Iniziamo da quella più improbabile: per evitare il conflitto di interessi Cdp potrebbe cedere Terna. Ma il Tesoro intenderebbe fare di Cdp lo snodo per il controllo delle reti: più che improbabile, la soluzione-Terna sembra impensabile.
Possibile, e forse probabile, è invece la soluzione di un riacquisto di azioni proprie da parte di Enel, che può arrivare fino al 10% e che attualmente ha in cassa solo una quota minima. In questo modo si farebbe un regalo agli azionisti in quanto il monte dividendi verrebbe distribuito su un numero minore di azioni (che probabilmente di rivaluterebbero in seguito al riacquisto), mentre la quota relativa del Tesoro salirebbe. Un’altra via d’uscita sarebbe la cessione del 10% a una società pubblica, come Fintecna, di cui si era già parlato.

Il 10% in mano a Cdp vale circa 5 miliardi, che potrebbero servire per nuove acquisizioni. Una terza soluzione, più complessa e difficile, è quella di collocare la quota presso delle fondazioni, che non dovrebbero però essere le stesse che sono azioniste di Cdp, per evitare nuovi conflitti di interessi.

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