Censis: "La nostra società poltiglia"

Rapporto sullo stato sociale: Paese in difficoltà che non guarda al futuro. Più violenze e litigi. Dei politici si fidano in pochi. Mutui: 500mila a rischio insolvenza

Censis: "La nostra società poltiglia"

Roma - Disillusa dalla politica e dalle istituzioni, la società italiana continua a perdere l’identità collettiva. Si frammenta sempre più e, mossa da pulsioni ed emozioni individuali, si ritrova ad essere una «poltiglia di massa», inconcludente e senza sguardo al futuro. L’Italia poi sta diventando il paese dei telefonini: il loro numero, infatti, sta superando quello dei televisori. L’analisi del Censis, nel 41° rapporto sullo stato sociale del paese, presentato oggi, descrive un’Italia a due velocità: da una parte lo sviluppo economico che si conferma positivo, dall’altra una società che non rispecchia lo stesso trend ma anzi se ne distacca. Lo sviluppo economico si muove, infatti, su dinamiche di minoranza (come quella industriale che "non sprigiona le energie necessarie per uscire dallo stallo") che non filtrano fra la gente, non si traducono in processo sociale.

Italia aggressiva e litigiosa È la "degenerazione antropologica", la modalità espressiva quotidiana degli italiani. Ne sono teatro gli stadi e le famiglie. In casa aumentano violenze e separazioni.

Cellulare mania Il numero dei telefonini continua a crescere. Li possiede l’86,4% della popolazione contro il 92,1% delle tv. Il telefonino è utilizzato dal 76,9% degli uomini e dal 75% delle donne con punte di oltre il 96% fra i giovani di età di 14-29 anni. Al centro è record di telefonini dove si registra un indice di penetrazione dell’84,5%.

Sempre più internettiani: boom del web Crescono in Italia gli utenti internet con un’accelerazione significativa proprio in questo ultimo anno. Nel 2007 hanno raggiunto una quota pari al 45,3% della popolazione, con un aumento del 10% circa degli utenti abituali, il 68,3% dei quali è costituito da giovani tra i 14 e i 29 anni. Impennata anche per le connessioni a banda larga, di cui usufruisce ben l’85,8% del totale degli utenti di internet, costituiti da uomini per il 44,9% e da donne per il 32%. Il dato femminile, nonostante più basso rispetto a quello maschile, risulta raddoppiato negli ultimi due anni. L’80% degli internauti si connette dalla propria abitazione, il 50,6% esclusivamente da casa e il 28,3% sovrappone all’uso casalingo quello nei luoghi di lavoro e di studio. Per quanto riguarda i siti di navigazione, dal rapporto emerge che gli italiani si connettono a internet principalmente per trovare informazioni, per comunicare con posta elettronica e per scambiare file musicali e filmati. In particolare, la prenotazione di viaggi on line interessa il 38% delle donne contro il 29% dell’universo maschile. Nonostante le percentuali di utenza e uso di internet siano in continua crescita, l’Italia non riesce ancora a colmare lo scarto accumulato con il resto d’Europa

Della politica non ci si può fidare La pensano così 8 italiani su 10. Il 76,1% dice che "nessuno si preoccupa di ciò che accade agli altri" mentre per il 56,4% valgono ’di più i propri interessi che gli altrì. Sfiducia anche verso le istituzioni. In particolare dello stato, 52,4% dice di essere poco o per niente soddisfatto del suo operato. Maggiori successi li riceve il comune (sfiducia al 32,7%).

Un terzo reddito famiglie per casa ed energia I redditi delle famiglie italiane crescono lentamente mentre accelera l’incidenza della spesa per l’abitazione: tra il 1996 e il 2006 l’incidenza delle spese per la casa sui consumi complessivi è passata dal 20,6% al 26% ma attestandosi al 31% se si considerano anche le spese per l’energia e il combustibile. È invece diminuita la spesa per gli alimenti passata dal 21,1% al 18,9% del reddito complessivo in dieci anni. Tra il 2000 e il 2004 i redditi reali sono cresciuti dello 0,5% annuo mentre il tasso di crescita dei consumi tra il 2001 e il 2006 è stato dello 0,8%
Circa 2,4 milioni di famiglie hanno un mutuo a carico con una spesa media annua di 5.500 euro (il 14% della loro spesa per consumi) ma per 622.000 famiglie con una spesa media mensile per consumi fino a 2.000 euro il peso del mutuo sale fino al 27% (è al 19,2% per i single giovani).

Tre su quattro: reddito non adeguato Tre italiani su quattro - secondo lo studio del Censis - considerano «inadeguato il proprio redditò (il 74% del totale) mentre il 36% dichiara di essere a rischio povertà. E se il 40% degli intervistati ritiene che la propria condizione resterà uguale nei prossimi cinque anni, c’è un 46% ottimista che ritiene che migliorerà e un 14% preoccupato per il rischio che la propria condizione peggiori.

Mutui: 500mila famiglie a rischio insolvenza Lo ha detto il direttore dell’istituto di ricerca, Giuseppe Roma. Nonostante l’aumento dei tassi pesi sui mutui contratti dalle famiglie italiane, l’Italia - ha rilevato Roma - è ancora il paese con la percentuale di indebitamento più bassa fra i paesi occidentali. Ma certamente, fra i 2,4 milioni di famiglie che hanno in piedi un mutuo e che hanno un reddito medio basso, l’ innalzamento dei tassi sta creando problemi: circa 420 mila si trovano in difficoltà mentre 110 mila potrebbero avere gravi problemi di insolvenza.

In carcere solo 4 su 10 hanno condanna definitva Dopo l’ indulto i detenuti sono diventati 43.957. Nei penitenziari oltre un terzo è straniero, per lo più clandestini.

Università, 1 su 5 è fuorisede Si tratta di 350 mila studenti che preferiscono atenei lontani dalla propria città. La spesa media mensile per le loro famiglie ammonta a 1.100 euro.

Imprese attratte da servizi pubblici on line L’Italia è al terzo posto in Europa per numero di servizi pubblici destinati alle imprese on line, pari all’87,5% del totale. Diversa la situazione per i cittadini che su questo si trova invece al di sotto della media europea.

Un italiano su 5 convive con la criminalità Il 22% della popolazione italiana, ossia circa 13 milioni di persone, vive in zone in cui è presente la criminalità organizzata. Si tratta di cittadini del sud, pari al 77,2% della popolazione di quattro regioni (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Le province che hanno la quasi totalità di abitanti che convivono con le organizzazioni criminali sono quelle di Napoli (95%), di Agrigento (95,9%), di Caltanisetta (95,2%), di Trapani (91%), di Palermo (90,9%). I comuni al meridione in cui sono presenti sodalizi criminali sono 406 su 1.608. Gli enti locali in cui risultano presenti beni confiscati alle organizzazioni criminali sono 396; mentre i comuni sciolti negli ultimi tre anni sono 25. Di questi, 8 si trovano nella provincia di Napoli, 4 in quella di Palermo e 3 a Reggio Calabria e Vito Valentia. Complessivamente 610 comuni delle quattro regioni meridionali (il 37,9% dei 1.608 comuni totali) hanno un indicatore manifesto della presenza di criminalità organizzata (clan mafioso o bene confiscato o scioglimento negli ultimi tre anni). Tra questi, 195 presentano due indicatori e 11 tutti e tre. Complessivamente in queste quattro regioni vivono 16.874.969 persone; di queste, quasi 13 milioni sono a rischio. Nei 610 comuni del Mezzogiorno dove si registrano indicatori di presenza della grande criminalità e dove vive il 22% della popolazione italiana, è prodotto il 15,1% del Pil nazionale e si registra il 13,2% dei depositi bancari e il 7,1% degli impieghi.

Boom usura al Sud Un imprenditore del Mezzogiorno su tre (33,1%) ritiene che nella propria zona di attività il racket sia molto o abbastanza diffuso; il 39,2% della categoria pensa lo stesso dell’usura. Rispetto al 2003, la percezione della presenza di questi reati a fine 2006 è aumentata: allora solo il 25,6% degli imprenditori pensava che nella propria zona di attività esistessero fenomeni di racket e il 14,5% lo pensava per l’usura. Anche la percezione di fenomeni di distorsione della concorrenza è aumentata: il 48,9% (36,3% nel 2003) degli imprenditori osserva, ad esempio, un aumento della nascita improvvisa di imprese concorrenti; il 15,1% percepisce una crescita dell’imposizione nell’utilizzo della manodopera (5,8% nel 2003) e coloro che affermano che il fenomeno non esiste sono diminuiti (dal 73,8% del 2003 si è passati al 58,6% nel 2006); il 13,2% crede che sia in crescita l’imposizione di forniture; il 45,3% (20% nel 2003) giudica poco (30%) o niente affatto trasparenti (15,3%) gli appalti pubblici.

Pensionati pentiti, un terzo ritarderebbero uscita Il 31% dei pensionati se potessero tornare indietro ritarderebbero l’uscita dal lavoro.

Entrate dei Comuni: sepmpre più multe per far soldi Nei Comuni, salgono del 52% le entrate derivanti dalle multe degli automobilisti. È dalle multe agli automobilisti che deriva il più significativo incremento delle entrate per gli «esangui bilanci». Tra il 2001 e il 2005, infatti, gli incassi delle infrazioni al codice stradale sono saliti del 52%: «un caso esemplare - osserva il Rapporto - di 'autoregolazione' della propria capacità di canalizzare risorse private verso le casse comunali». I sindaci si trovano del resto in bilico tra una dipendenza gerarchica che «tende a sfarinare» e una «autononomia reale ancora penalizzata dal mancato federalismo fiscale», e «spesso reagiscono mettendo in campo nuove forme di protagonismo». E fra i casi in cui «questa fenomenologia si dispiega» si citano la finanza locale e la sicurezza dei cittadini. Per quanto riguarda le società a capitale pubblico locale, il Censis cita un’indagine delle Fondazioni Iri ed Eni sulle prime 369 aziende dei settori utility e trasporti, oltre il 70% delle quali hanno come azionista di riferimento un comune. Queste producono un fatturato corrispondente all’1% del Pil nazionale, occupando circa 200 mila dipendenti.

Solidarietà selettiva Per il 69% degli italiani, in caso del bisogno si può contare sull’aiuto

degli altri. Intensa è la partecipazione dei cittadini ai problemi della comunità: il 17,9% si organizza, spesso o molto spesso, con altri per un obiettivo comune. Soprattutto sulla sicurezza nei confronti degli immigrati.

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