In centro storico è sempre la solita musica

(...) degli abitanti è il Comitato di quartiere «Il Tridente», per bocca del portavoce Giuliano Romano, residente da anni in vicolo del Lupo. Piccola traversa di via della Croce.
«Quello dei suonatori ambulanti - dice Romano - è il rumore più fastidioso della terra. Sbucano a frotte, uno dopo l’altro. Abbiamo sempre la musica e le nenie nelle orecchie. Anche a pranzo. A cena. Non ce ne riusciamo più a liberare e nessuno ci aiuta». A suonare è gente proveniente dai quattro angoli del pianeta. Zingari, sudamericani, romeni. Ognuno ha il suo spicchio di suolo. Piazza San Carlo, davanti alla chiesa, è dei musici peruviani, chitarra e «cajon», il tipico strumento a percussione delle Ande. Via della Croce, invece, davanti alla Birreria Bavarese, è ritrovo fisso di un gruppo di polacchi: «Suonano la chitarra e chiedono l’elemosina con due grossi cani sciolti, uno nero e l’altro bianco - racconta Romano -. Chi passa col cagnolino a guinzaglio ha paura. Incominciano nel primo pomeriggio, e tirano avanti fino a sera. Stesso orario dei negozi. Senza tregua. I vigili? Li abbiamo chiamati decine di volte. Inutilmente. Che suonano? Una musica indefinibile, di origine slava». In via Condotti invece s’incontrano gli indiani, con uno strumento a corde che battono con i martelletti. Tutto intorno girano altri, giovani, donne, vecchi, con le nacchere, i tamburelli. La sera, nei ristoranti attorno a Fontana di Trevi, è un andirivieni. Un girotondo degno del teatrino che fu. Entra prima la chitarra, dopo un minuto gli dà il cambio la tromba. Poi si fa sotto il sassofono. Tre ore continue di musica. Fra i tavolini all’aperto stessa atmosfera. Tromba, fisarmonica, violino... Uno strumento quest’ultimo tipico degli zingari, famosi nei secoli per essere stati grandi suonatori nei Paesi d’origine. «Se suonassero bene, uno gradirebbe anche - dicono gli abitanti -. Il guaio è che gli zingari lanciano note che fanno rabbrividire anche i sordi».
Un capitolo a parte lo meritano gli incantatori di serpenti arabi. Due di loro, con un lungo strumento a fiato, siedono fissi a piazza di Spagna, vicino al posteggio delle botticelle. A dare segnali di nervosismo, i poveri cavalli: sopportano le chitarre, e tollerano perfino le note che ammaliano i rettili. Ma quando si sentono suonare i tamburi a trenta centimetri dalle orecchie, anche gli equini perdono la pazienza.
E il I Municipio? Giuseppe Lobefaro si dice d’accordo con i residenti, ma del tutto impotente. Esattamente come per altri tipi di abusi, il presidente del I Municipio alza le braccia: «Quella dei suonatori ambulanti è una situazione che conosco bene. Ci sono regole precise che devono essere fatte rispettare. Molte volte ho sollecitato i vigili urbani a effettuare controlli più puntuali». Come mai invece una enorme massa di ambulanti continua a suonare in continuazione per le vie del centro? Che cosa prevedono le regole di cui parla? «Si tratta di una vecchia delibera comunale, dei tempi di Rutelli, che riconosce ai cosiddetti artisti di strada il diritto di suonare in centro. Ma non di stazionare fissi in un punto come fanno molti, ad esempio in via della Croce. Dovrebbero girare, fermarsi in un posto al massimo un’ora». Invece non succede.

«Lo so bene. Ho parlato con il comandante del I gruppo, Giuliani. Gli ho chiesto di intervenire. La delibera vieta anche di usare amplificatori. Purtroppo non viene fatta rispettare. Ho mandato delle direttive ai vigili. Nulla».

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