RomaPer molti, ma non per tutti. I ricchi dividendi prodotti da «Editoriale Il Fatto», la società che pubblica il quotidiano diretto da Antonio Padellaro, non saranno distribuiti a tutti i giornalisti che hanno contribuito al successo della testata impostata sul giacobinismo travagliesco.
Nulla di strano se si considera che leditrice non è una cooperativa ma una società per azioni. Però durante lassemblea di giovedì scorso, ha rivelato Italia Oggi, qualche malumore si è palesato. Al punto che le polemiche hanno convinto gli azionisti a riaprire il libro soci consentendo agli «scontenti» di partecipare agli utili. Polemiche in un certo senso motivate: una start-up che lestate scorsa era valutata 600mila euro appena oggi varrebbe almeno cento volte tanto, 60 milioni di euro.
Vale la pena, perciò, di raccontare la storia, ossia il «volo del calabrone» di un giornale che si vanta di avere come unica linea editoriale la Costituzione e che sin dallinizio ha dovuto costruirsi una nicchia di mercato tra il giornale-partito la Repubblica e il giornale di partito lUnità. Nel giugno dello scorso anno il direttore Antonio Padellaro, lomelista di Annozero Marco Travaglio e altri «coraggiosi» decisero di fondare una nuova testata richiamandosi proprio alla trasmissione di Enzo Biagi.
La compagine iniziale era formata da Chiare Lettere srl, la casa editrice di Lorenzo Fazio (100mila euro pari al 16,6%), dalla Aliberti Editore (16,6%), dallimprenditore fermano ed esponente del Pd Luca DAprile (16,6%) e dalla promoter parmigiana Cinzia Monteverdi (16,6%). Azionisti giornalisti lo stesso Padellaro (16,6%), lex magistrato Bruno Tinti (l8,3% per 50mila euro) e Marco Travaglio che del suo 8,3% iniziale ha ceduto azioni per circa 20mila euro al collega Peter Gomez.
Partito con lobiettivo di 10mila abbonamenti e 10mila copie vendute, il Fatto ha ampiamente superato i target con un venduto di 63mila copie quotidiane e circa 40mila abbonati. Lantiberlusconismo ha trovato la sua voce con boom di copie vendute (130mila) dopo la bocciatura del lodo Alfano, ma anche la piazzata di Fini alla direzione del Pdl ha registrato un successo di 70mila copie. I numeri dicono che il Fatto questanno potrebbe incassare oltre 25 milioni, un vero boom considerato che i ricavi pubblicitari sono modesti.
Ecco perché i giornalisti di punta tra i quali lex Espresso Marco Lillo vorrebbero partecipare allazionariato. Lad Giorgio Poidomani, ex Unità, ha dovuto perciò mediare tra le richieste del corpo redazionale e lazionista Chiare Lettere che voleva addirittura promuovere un aumento di capitale per mettere fieno in cascina.
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