È in corso unimprovvisa, e benefica, stretta di severità nelle nostre scuole. Per ora a partire dai più deboli, ovvero dagli studenti: aumento delle insufficienze alle superiori e ripristino degli esami di riparazione. Due bimbi bocciati in prima elementare. Anche qualche funzionario ha perso lincarico o lo perderà alleluia per avere proposto ai maturandi temi sbagliati. Occorrerà che anche le università si adeguino alle necessità di un Paese che chiede, giustamente, un rigore maggiore verso tutto ciò che riguarda le attività pubbliche, a partire dal licenziamento dei fannulloni e degli incapaci. I corsi di laurea devono diventare più selettivi, visto che scopo delluniversità non è produrre laureati, ma professionisti in grado di svolgere al meglio compiti importanti nella società.
Colpire gli studenti, però, sarà ancora inutile o addirittura dannoso se non si riesce prima a selezionare i docenti secondo il principio del merito, della capacità, della sapienza nella loro materia: e dellassoluto rigore morale. In attesa che finalmente se ne occupi la magistratura, per adesso lhanno fatto alcuni organi di stampa, a partire dal nostro con il caso Galimberti, o con quello dei baroni che trasmettevano i titoli a famiglie e famigli, come feudatari. Però dovrebbero essere le stesse università a farsi implacabili con i professori: su come vincono i concorsi, sui loro meriti scientifici, sulla loro capacità didattica, sulla loro voglia di lavorare.
Matteo Sacchi ha scoperto lennesimo capitolo del «caso Galimberti», salito in cattedra anche grazie a opere plagiate; e il rettore di Ca Foscari gli ha risposto che non è compito suo prendere provvedimenti, casomai spetta a un inesistente giurì o alla «comunità scientifica».
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