Per una volta un pm aveva chiesto di non processare Berlusconi perché dopo lunghe indagini non aveva trovato prove né indizi a suo carico. Ma niente, non è bastato. Il giudice ha deciso che lex premier deve finire sotto processo, il quarto che si celebra in contemporanea al tribunale di Milano. Il caso è quello della prima intercettazione telefonica della storia sulla quale i magistrati hanno indagato per capire come fosse sfuggita al segreto. Ovviamente riguarda un esponente della sinistra, precisamente Fassino, allepoca dei fatti segretario del Pd. «Abbiamo una banca!», esultò al telefono con il suo amico Consorte appreso che Unipol (braccio finanziario del Pd) si stava prendendo la Banca nazionale del lavoro. La frase, intercettata nellambito di una inchiesta che coinvolgeva Consorte, non venne ritenuta importante, guarda caso, dai pm di Milano. Noi del Giornale ne entrammo in possesso e la pubblicammo. Fu uno scandalo, perché non è bello sapere che un partito compera una banca. Loperazione andò a rotoli, sinistra e pm si infuriarono con noi, misero sotto accusa leditore del Giornale, Paolo Berlusconi, e il fratello Silvio per aver avuto un ruolo, sia pure passivo, nella vicenda della fuga di notizie.
Il premier ha sempre negato, le prove non ci sono come ammette lo stesso pm, ma il processo si deve comunque fare. Evidentemente la pace sociale è ancora lontana, nonostante le dimissioni da premier e la leale collaborazione con il nuovo governo. E qui, oltre all'accanimento, cè pure la beffa.
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