Medicina

Chirurgia precoce per ginocchio

L'artrosi del ginocchio è una patologia molto diffusa anche a causa della crescente popolarità di attività sportive pesanti talvolta eseguite con troppa energia. «Il sintomo principale è il dolore associato ad una progressiva limitazione del movimento che compromette la qualità di vita», spiega Antonio Moroni, chirurgo ortopedico, professore associato e direttore della scuola di specializzazione in medicina fisica e riabilitazione all’università di Bologna (antonio.moroni@unibo.it; www.profantoniomoroni.com).
«Spesso -aggiunge il professore che opera anche alla Clinica Madonnina di Milano ed alla Toniolo di Bologna - coesiste un'alterazione del normale asse del ginocchio che è deviato in dentro (ginocchio varo) o più raramente in fuori (ginocchio valgo)». Se iniziale, l'artrosi del ginocchio può essere efficacemente curata con metodiche non chirurgiche come l'acido ialuronico, ma quando è grave il trattamento chirurgico s’impone e generalmente è di tipo protesico, intendendo come tale l'impianto di componenti sintetiche che sostituiscano le porzioni articolari usurate dall'artrosi. Di fronte alla prospettiva di un impianto di protesi, molti pazienti, specie se giovani, rimangono perplessi e tendono a rimandare. Paura dell'intervento,di possibili complicanze,di lunga riabilitazione.
«É bene sapere che un intervento precoce è fondamentale per bloccare l'evoluzione della patologia», precisa il professor Moroni, che ha al suo attivo oltre 3 mila interventi chirurgici per l'impianto di protesi di anca e ginocchio. «L'artrosi tende a cronicizzarsi e ad aggravarsi progressivamente: da una semplice alterazione della cartilagine che riveste l'articolazione, col tempo si passa alla formazione di vere e proprie ulcerazioni del tessuto cartilagineo, in aree sempre più estese, fino ad arrivare ad erodere lo stesso osso. Inoltre, se non si interviene al tempo giusto, si ammala di solito anche l'altro ginocchio».
La parola chiave per affrontare al meglio la situazione è quindi «tempestività». «Si punta il più possibile su interventi conservativi, che salvaguardino il patrimonio biologico del paziente», spiega il professor Moroni precisando che se l'artrosi non è grave si ricorre a trattamenti non chirurgici, se ad essere usurata è una sola porzione dell'articolazione si ricorre ad un'artroplastica mono-comportamentale, detta anche mini-protesi per le minime dimensioni. Questo vuol dire, per il paziente, andare incontro ad un intervento più rapido, meno invasivo, ed avere tempi di riabilitazione ridotti.
Qualora ad essere usurata fosse l'intera articolazione del ginocchio, invece, diventa indispensabile un'artroplastica totale. Anche in questo caso però ci sono grosse novità. «Oggi sono infatti disponibili impianti conservativi di design tale da ricostruire perfettamente ed in maniera corretta l'anatomia del ginocchio. Il paziente ha la possibilità di usufruire di un impianto sviluppato, non solo per il tipo di protesi, ma anche a livello di strumentario chirurgico, esclusivamente per se. Questo consente di riavere un'articolazione normale con un intervento di massima precisione, sicurezza e rapidità».
Prima dell'operazione, si esegue una TAC del ginocchio malato, questa viene elaborata da un computer che pianifica tutti i passaggi chirurgici e guida la produzione presso un laboratorio americano high tech degli strumenti che serviranno al chirurgo per l’ esecuzione di quello specifico intervento. «La differenza tra un intervento tradizionale ed uno con queste nuove tecniche è notevolissima. L’intera gestione dell'intervento risulta più snella, semplice, rapida». Tanti benefici che si ripercuotono a cascata sul post-operatorio.

«Dopo 4 settimane la fisioterapia è finita e i pazienti sono in grado di camminare senza la stampella, di guidare l'auto e di ritornare al lavoro e, cosa questa oggi sempre più gradita, dopo tre mesi è possibile anche il recupero delle attività sportive».

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