Elsa Airoldi
E la Filarmonica va. Così così con le bacchette modeste e bene con i grandi direttori. Perché il sangue non è acqua e il magistero affinato negli anni per fortuna non è ancora dimenticato.
L'ospite di domani, Myung-Whun Chung, è nel novero dei grandi. Filo conduttore del nuovo appuntamento con la Filarmonica è Carlo Maria Giulini. Nome del mito Scala. Il teatro dove, cinquanta anni fa, diresse la famosa Traviata Visconti/Callas. Ma dove lega l'attività soprattutto alla Filarmonica, retta durante l'interregno tra Abbado e Muti. Circa 150 concerti e le prime tournée dell'orchestra in Italia e all'estero.
Giulini aveva avuto modo di esprimersi in modo lusinghiero nei riguardi di Chung. Un prediletto, come Abbado. Un talento intuito dall'inizio, sin da quando il giovane coreano (Seul, 1953 ) figlio d'arte era diventato, nel '78, suo assistente prima e suo associato poi nella direzione della Filarmonica di Los Angeles. Dopo quel battesimo Chung avrebbe bruciato le tappe. Direttore musicale della Bastille agli esordi, principale a Santa Cecilia, direttore musicale dell'Orchestre Philarmonique de Radio France. Nell'ambito di un curriculum che include il consueto gotha di formazioni eccellenti: dai Wiener ai Berliner, e dal Concertgebow di Amsterdam alla Sinfonica di Chichago.
Per la nostra Filarmonica Chung, assieme a Gatti e Chailly, è un direttore di riferimento. 44 concerti dall'89 in poi e un tour il prossimo autunno in importanti capitali europee. Per la consuetudine con la Scala e l'amore e la riconoscenza nel riguardi del «maestro», quando Giulini scomparve, un anno fa, Chung venne chiamato per la cerimonia d'addio. E lui, alla platea finalmente unita nella commozione, offrì il secondo movimento dell'Eroica. Appunto la Marcia Funebre. La versione laica del Requiem della Chiesa cattolica.
Adesso Chung torna e dedica il concerto a Giulini nel primo anniversario. Ancora una volta, con grande sensibilità, sceglie le partiture che gli erano più care. Sesta di Beethoven e Quarta di Brahms. Tra tutte e due fanno trenta. Trenta esecuzioni Giulini-Filarmonica.
Ci piace ricordare come la Sesta costituisse per il direttore anche un formidabile pretesto didattico. Esiste in tal senso un bellissimo filmato Tsi girato all'Auditorium dei Navigli. Tra i ragazzi di un'orchestra che lui aveva «adottato» come ultimo atto della sua vita musicale. Qui la Pastorale, ripetuta mille volte battuta dopo battuta, costituisce il Leitmotiv attorno al quale ruota un racconto autobiografico. Dalla grande avventura della nomina a ultima viola dell'Augusteo di Roma al fermo immagine che coglie un sorriso e l'elegante commiato dall'acciottolato di via del Carmine.
La Sinfonia n.6 in Fa maggiore «Pastorale» op. 68 è presentata dall'autore all'An der Wien di Vienna (un teatro storico e appena restaurato collocato subito fuori dal cerchio del Ring) il 22 dicembre 1808 come «sinfonia pastorale». Titoli (campagna, ruscello, campagnoli, tempesta, ringraziamento) sono apposti ai cinque movimenti. Dunque musica a programma di stampo settecentesco, ma filtrata dalla piena sentimentale contagiata dalla nuova corrente dello Sturm und Drang. Un carattere che ricorre anche nei momenti più vicini al bozzettismo narrativo.
La Sinfonia n. 4 in Mi minore op. 98 di Brahms è diretta la prima volta a Meiningen nell'ottobre del 1885. Sul podio l'autore. Sviluppata nell'arco dei canonici quattro movimenti la partitura apre su un tema elegante affidato ai violini in ottava. Uno spunto che poi si si irrobustisce dal punto di vista contrappuntistico, accende la melodia, si sviluppa tra riprese e rimandi. Anche l'Andante, introdotto dai corni, è un gioco di rimandi tematici arricchiti da idee musicali sempre nuove. L'Allegro si imparenta con il Rondò e propone une serie di variazioni di colore, sonorità e ritmi sempre diversi.
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