Cronache

Ci fu anche la debolezza dei moderati

di Claudio Papini

Il bell'intervento di Paolo Armaroli merita di essere oggetto di non poche riflessioni. Il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, uomo navigatissimo, può fino ad un certo punto essere rappresentato come il «deus ex machina» di un'operazione sostanzialmente contraddittoria ma piuttosto intelligente. Siamo di fronte ad un Presidente forte (eletto con una confluenza di voti sia da sinistra sia da destra) che vuole assecondare una spinta presidenzialista allora già realizzata costituzionalmente in Francia. È uomo però che prudentemente tiene una linea mediana sia in politica interna sia in politica internazionale (da buon democratico-cristiano). Egli ben sa come tutti i Dc che nel gennaio del 1959 la corrente autonomistica del Psi guidata da Pietro Nenni aveva ottenuto la maggioranza al Comitato Centrale e poteva così preparare la rottura dell'antica alleanza con il PCI per la formazione di un nuovo schieramento che sarebbe poi stato definito di centro-sinistra. Questa prospettiva (con il conseguente rischio di isolamento per il PCI) era stata intravista da Palmiro Togliatti immediatamente dopo gli avvenimenti del XX congresso del Pcus e della rivolta (o rivoluzione?) ungherese. Gronchi era, lo si è detto, per una svolta presidenzialistica ma anche senz'altro favorevole alle correnti di sinistra della Dc. Se il partito di maggioranza relativa avesse dovuto costruire un asse con il PSI, era opportuno non rimanere prigionieri di quella stessa scelta e, comunque, non farsi condizionare troppo dalle richieste e dalle esuberanze riformiste dei socialisti. Poter dunque tornare indietro verso un centrismo rinforzato (dall'area della destra). Palmiro Togliatti giustamente preoccupato dalla possibile «ghettizzazione» del Pci e dal conseguente lento declino non poteva non reagire contando sul fatto che un aumento della tensione avrebbe potuto impaurire la Dc (cosa che poi effettivamente avvenne) e soprattutto spaccare il Psi, al cui interno la corrente che potremmo chiamare «massimalista» era ampia ben oltre i cosiddetti «carristi» (politici favorevoli all'intervento dei carri armati in Ungheria). Sia la Dc (grazie a Gronchi) sia il Pci (con il suo segretario) hanno giocato una partita a scacchi non indolore perché ad un certo punto qualcuno ha dato un calcio al tavolo su cui era posta la scacchiera. Armaroli segnala il fatto che era noto già dai primi di maggio che il congresso del Msi si sarebbe svolto a Genova. Da quel momento infatti il Pci ha cominciato a preparare la propaganda «insurrezionalista» per poi praticare effettivamente l'azione, potendo contare sul fatto che nel dopoguerra la città lo era già stata (appunto ben oltre il 23 aprile del 1945). Ora una simile intenzione non poteva non aver già messo in preventivo che gli incidenti portassero a gravi conseguenze (che poi regolarmente si ebbero in diversi punti del territorio nazionale). Ed è singolare quel che è successo perché (va detto con spirito di verità) Togliatti in altre circostanze (sia immediatamente finita la II guerra mondiale sia in occasione dell'attentato che subì) ebbe a dimostrare un atteggiamento più che responsabile. A parte il cosiddetto «narcisismo» di partito (elevato ad una sorta di chiesa laica, sanzionata dalla cosiddetta «diversità» dei comunisti), c'è da chiedersi se nell'Italia (eterodiretta) non si stesse in quel momento giocando una partita ben più vasta sullo scacchiere europeo e mondiale. D'altra parte nella cultura del dopoguerra l'insistente ritorno sul palcoscenico del goldoniano «Arlecchino servitore di due padroni» la dice piuttosto lunga sulla condizione del nostro paese diviso sostanzialmente in due fronti (con tutto quel che ne conseguiva nella politica nazionale e in quella internazionale). Se di esperimento si tratta, nel caso di Tambroni e del suo governo, esso fu intelligente politicamente e sfortunato nello stesso tempo. A parte l'insurrezionalismo della Sinistra e del potere di ricatto che quest'ultima esercitò, esso fu vittima della sostanziale debolezza dei «moderati» (che anche se sono in larga maggioranza in altrettanto larga misura se la fanno sotto) e delle manovre interne alla Dc. Resta poi un fatto non trascurabile storicamente quello della disponibilità all'agitazione e alla ribellione (in parte non organizzata e incontrollata) di una parte della popolazione. Non è un caso che gli stranieri che ebbero a visitare già dal medioevo la nostra penisola, segnalandola come «terra delle cento città» e celebrandola per le bellezze naturali e per le sue ricchezze (economiche, culturali,...) parlarono altresì di rivolte improvvise, scoppi di rabbia collettivi e spirito ribelle in generale. La nostra bella e sciagurata Genova, così civile e così pacificamente camorristica - sotto molteplici profili - ne ha dato l'esempio (guarda caso contro un «governo Berlusconi») proprio in occasione del G8 nel luglio del 2001.

Decenni di educazione a «sinistra» hanno prodotto un lavaggio del cervello cui è difficile almeno in parte rimediare.

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