Ci va di mezzo anche Masi E il rimpasto è congelato

Roma«Il Consiglio dei ministri? Ci sarà sicuramente prima della prossima Pasqua». La consueta ironia del ministro della Difesa e coordinatore Pdl, Ignazio La Russa, questa volta è il sintomo che il malessere del Carroccio nei confronti del premier Berlusconi ha superato i livelli di guardia ed è pronto a riverberarsi con conseguenze imprevedibili sulla tenuta di governo e maggioranza.
Il primo segnale negativo è arrivato ieri mattina quando il ministero dell’Economia ha disertato l’assemblea di Consap, la concessionaria dei servizi assicurativi pubblici, impedendo di fatto la nomina della «responsabile» Maria Grazia Siliquini alla presidenza e lo spostamento di Mauro Masi da direttore generale Rai ad amministratore delegato della società. E la Consap ha un unico azionista: Via XX Settembre. E non è un mistero che Giulio Tremonti, dopo essersi speso personalmente per salvaguardare l’italianità di Parmalat, abbia dovuto fare buon viso a cattivo gioco durante il vertice italo-francese di martedì scorso.
Le ubbie tremontiane sono quasi sempre sincroniche ai mal di pancia della Lega e viceversa. L’assemblea è slittata all’11 maggio e il tempo per trovare una ricomposizione c’è tutto. Non solo per i delicati equilibri di Viale Mazzini, ma anche per quelli dell’esecutivo.
Ieri Iniziativa Responsabile ha ostentato tranquillità in merito al rimpasto che dovrebbe vederla entrare massicciamente nella compagine governativa. «Tanto la gallina l’uovo, prima o poi, lo ha da fare...», ha commentato un esponente. E, per come si stanno mettendo le cose, il «poi» è un po’ più probabile del «prima». Innanzitutto, perché il Consiglio dei ministri è slittato a martedì prossimo. In secondo luogo, perché il decreto di nomina sarà laborioso. Non riguarderà solo i 7-8 responsabili (inclusa Siliquini che ha ormai ridotte chance di essere designata per Consap dove dovrebbe essere confermato presidente Andrea Monorchio) che aspettano i sottosegretariati vacanti. È previsto, infatti, un allargamento nei numeri che richiede il placet del Quirinale. Al Colle si cercherà di far comprendere che il nuovo assetto della maggioranza richiede una presenza più assidua dei ministri in aula e dunque un maggior consistenza numerica del gabinetto.
Ma l’ira leghista per la decisione di partecipare ai bombardamenti libici potrebbe non placarsi in tempo giusto. Ieri non si registravano solo il malcontento di Maroni, ma anche le vivaci esternazioni di Borghezio che ha paragonato il Cav a Mussolini come i più accaniti antiberlusconiani. Se a questo si aggiunge la poca empatia del Carroccio per i responsabili e la difesa a spada tratta dell’operato di Tremonti, lasciato troppo solo dal premier secondo i bossiani, si comprende che ricomporre il puzzle sarà un’opera complessa.
Un aiuto insperato, almeno sulla questione Libia, potrebbe giungere dal neonato Terzo Polo.

«Siamo impegnati con il governo perché c’è l’Italia in ballo», ha detto il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, che non ha lesinato critiche al governo. «Nessuna discussione sulla legittimità di questo ulteriore impegno militare», ha aggiunto l’ex presidente della Camera ricalcando le orme del capo dello Stato Giorgio Napolitano. Non basta, ma aiuta.

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