Cicchitto: «Veltroni? Lo Zelig applicato alla comunicazione»

Veltroni e Roma. La strana coppia. Una città in preda al degrado perfino nei salotti buoni di piazza di Spagna. Un uomo, su cui la sinistra punta per la leadership nazionale del Pd. Ne parliamo con il vicecoordinatore nazionale di Forza Italia Fabrizio Cicchitto. Il sindaco, la premessa è d’obbligo, ha parlato mercoledì a Padova del sostegno che la politica deve dare all’imprenditoria: «Una politica che deve essere amica», ha affermato. Peccato che a Roma Confartigianato e Federlazio mettano sotto accusa il Comune per una serie di balzelli. Peccato che il raddoppio della Tiburtina, che darebbe fiato al triangolo industriale, slitti alle calende greche. Per non parlare della mancanza di collegamenti decenti fra città e industria nell’entroterra.
Le sembra, Cicchitto, che a Roma quella di Veltroni per l’imprenditoria sia una politica amica?
«A Roma quella di Veltroni è una politica nettamente a favore dei grossi costruttori. È incontestabile. Però, come politica industriale, con infrastrutture tipo il raddoppio della Tiburtina, siamo a zero. Senza dimenticare l’area anticapitalista particolarmente aggressiva che sostiene la maggioranza al Comune».
Perché dalla manutenzione delle strade ai tributi Veltroni si affida ai maxiappalti?
«È tutto a dimensione dei grandi interessi. Mentre si trascura la piccola e media impresa. È la logica del centrosinistra, che punta, ad esempio, a stabilire accordi corporativi fra Cgil e grande impresa, mentre massacra la piccola e media, in primis sul piano fiscale».
A Padova Veltroni ha detto sulla sicurezza: «È dovere accogliere chi lavora onestamente, ma anche pretendere che tutti rispettino la legge»...
«Io direi che se a Roma i vigili addirittura minacciano lo sciopero a difesa della loro incolumità, denunciando di aver subito nell’ultimo anno 800 aggressioni, la realtà è molto diversa dalle parole di Veltroni. I più esposti sono soprattutto i ceti popolari, direttamente a contatto con la massa di immigrati clandestini».
A Padova Veltroni ha anche affermato: «Conta essere, non apparire».
«Curioso detto da chi ha costruito tutto sulla politica dell’immagine. Alla radice del pensiero di Veltroni è l’apparenza che diventa realtà. Il sindaco non perde un taglio di nastro, ogni giorno presenta tre libri, ha una grossa capacità di leggere evidentemente».
Come definirebbe il veltronismo, il neologismo del momento?
«Il trionfo di Zelig applicato alla comunicazione. Veltroni, dopo essere stato comunista, è laico e cattolico, dirigista e liberista, romanista e laziale. Ogni politico di un certo spessore fa riferimento a un’ideologia, a proposte concrete. Lui no, è impalpabile. È la sua forza finché resta sindaco mediatico. Ma anche la sua debolezza se diventerà un leader nazionale. Lì è dura. La realtà si prenderà la rivincita».
Veltroni ha ribadito però che continuerà a fare il sindaco e a raccogliere la sfida del Pd.
«Ovvio, la carica gli consente il massimo presenzialismo in funzione di capo partito».
Berlusconi ha subito detto: «Anche se fosse il più bravo sindaco del mondo e andasse al governo, sarebbe la controfigura di Prodi».
«Prodi manca di capacità di comunicazione, ma anche presiedere un governo che mette insieme estremismo e centro moderato è una formula che non funziona.

Veltroni però questa formula non la contesta, tanto che ha perfino coniato una nuova espressione: quella del riformismo radicale. Fa un po’ ridere. O sei riformista o sei radicale. O l’uno o l’altro. Puoi inventare le parole, la realtà no».

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