MilanoÈ arte contemporanea. Uninstallazione. Il pupazzo di un pollo alto tre metri. Tra le mani, un televisore. Sul video, il filmato di un bambolotto in fiamme. Un neonato che brucia. Firmato dallartista «Desiderio». Curatore della mostra, Alessandro Riva. Già condannato in primo e secondo grado per violenza sessuale su minori. Provocatorio? Più probabilmente, inopportuno. Incluso il fatto, a pensarci, che quellopera - come del resto lintera esposizione - abbia il patrocinio del Comune di Milano. Per il quale, per altro, Riva aveva già lavorato.
Quando lo arrestarono, nel giugno di tre anni fa, il critico darte disse che si trattava di un equivoco. Poi, a distanza di due anni, assicurò che «nel mio rapporto coi bambini peccavo solo di infantilismo», però «non li ho mai toccati». Una versione che non convinse i giudici. Così Riva, già braccio destro dellallora assessore alla Cultura di Milano Vittorio Sgarbi, venne condannato. A nove anni in primo grado, e a sei e mezzo in secondo. Unaccusa odiosa. Violenza sessuale su minori. Da un po di tempo a questa parte, Riva è di nuovo al lavoro. Come artista, sotto lo pseudonimo di Felice Cardeña, e come curatore di mostre. Così, a Milano, torna a circolare il suo nome. In questi giorni, in occasione di «(Con)temporaryArt», un circuito di eventi sulla nuovelle vague della creatività, a cui Riva ha dato il suo contributo.
La mostra, «Cross paintig», raccoglie opere di Alessandro Busci, Luca Conca, Desiderio, Daniele Girardi, Svitlana Grebenyuk, Cristiano Tassinari, Andrea Zucchi. Cè un po di tutto. Incluso quel pollo, e quella bambola tipo Cicciobello che brucia. Ovvio che il curatore - sul quale ancora non si è ancora pronunciata la Corte di Cassazione - cerchi di riprendersi la propria vita dopo due sentenze che lo accusano di essere un pedofilo. Ma il confine tra la sfida dellartista e lopportunità di mettere in scena i fantasmi della propria storia rischia di essere superato. Anche perché in quella storia, oltre al presunto carnefice, ci sono anche le vittime. E in questo caso sarebbero cinque bambine di 10 anni.
Secondo le indagini del pubblico ministero Laura Amato e della sezione reati contro i minori della squadra Mobile di Milano, Riva sarebbe stato responsabile di abusi sessuali - quindi di palpeggiamenti e sfregamenti, escludendo violenze più profonde - sul alcune compagne di classe della figlia che tra il 2002 e il 2007 avevano frequentato la casa del critico darte per feste e pomeriggi di gioco. Quelle stesse bambine, sentite dalla polizia in un ambiente protetto e alla presenza di psicologi, hanno raccontato dei presunti abusi. Insomma, Riva avrebbe approfittato del suo ruolo di adulto e della possibilità di restare solo con loro, senza destare sospetti.
«Nel mio rapporto coi bambini - disse il critico darte in occasione della sentenza di primo grado - peccavo solo di infantilismo. Questa invece è una condanna frutto di una clima allucinante, perché io non li ho mai toccati».
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