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Città italiane, per il Censis sono "leoni", "pantere" e "giraffe"

L'istituto di ricerca presenta il rapporto sullo sviluppo urbano del nostro Paese: i centri medi come Bergamo, Brescia e Siena «agganciano» Milano e Firenze. Declinano Genova e Trieste, arrancano Napoli, Bari e Palermo. Le «pantere» sono Parma, Modena e Bolzano

Da «piccole capitali» a «città contenitore»: così a partire dagli anni Novanta, sotto la pressione dei processi di globalizzazione si stanno evolvendo le zone urbane italiane, con uno sviluppo non prestabilito, ma per espansioni successive. Allo stesso tempo si sono estremizzate le differenze in termini di competitività, di qualità dei servizi e della vita, delineando una scala di valori in cui le città più forti, o meglio «leone», del Centro-Nord finiscono per divorare le «zebre» localizzate al Sud. Sono alcuni dei rilievi del Censis nell'analisi «Metropoli per la ripresa, il sistema urbano italiano al 2009», presentato in occasione del ventennale di Rur, Rete urbana per le rappresentanze, associazione promossa dallo stesso istituto di ricerca per elaborare proposte di trasformazione delle città.
«Le città medie - sottolinea il Censis - crescono di rango e diventano omologhe alle grandi quanto a capacità di produrre ricchezze e accumulare risorse». Di conseguenza a Milano si affiancano Bergamo e Brescia. Padova raggiunge Venezia e Verona, Siena, sede del terzo gruppo bancario italiano, aggancia Firenze.
È la rincorsa delle città «leone» (Milano, Roma, Torino, Bologna, Firenze) e «pantera» (come Parma, Modena e Bolzano). Che lasciano al palo gli «elefanti», città a «transizione lenta» che si sono lasciate alle spalle un'epoca di splendore, come Genova e Trieste, le «giraffe» (tra cui Napoli, Bari e Palermo) caratterizzate da scarsa dinamicità, e le «zebre», città «marginali» economicamente deboli come l'Aquila e Reggio Calabria.
Rispetto ai modelli dello sviluppo urbanistico, delle relazioni e della produttività delle città, nelle prime analisi Rur, effettuate in coincidenza con la crisi della finanza pubblica dei primi anni Novanta, il Censis aveva rilevato il sorpasso sulle grandi città da parte di quelle di medie dimensioni del nord Italia, definite «piccole capitali». Su queste dinamiche sono intervenute le conseguenze della globalizzazione: l'integrazione europea, i flussi migratori, l'euro, il commercio internazionale.

Pressioni che hanno determinato lo svuotamento della città storica a vantaggio di zone satellite, tanto che, nell'analisi di quest'anno, il Censis parla di «città contenitore», non più costituite da metropoli e hinterland, ma da una pluralità di «capisaldi».

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