La cocaina per l’onorevole viaggia con l’auto blu

L’onorevole ha bisogno di una sniffatina? Non c’è problema, ci pensa il cocaina-taxi. Anzi, a prendere la polverina bianca per il politico va direttamente l’autista, con l’auto blu. Organizza tutto la segretaria, che l’onorevole, poverino, ha tanto da fare e deve affrontare una maratona d’aula.
Al peggio non c’è fine. Di usi più o meno impropri di auto blu nell’Italia del malcostume e degli sprechi ne abbiamo visti eccome: dall’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo (Pd), che qualche volta in auto blu è andato a trans, all’attuale sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca (Pdl), che nel 2003 si vide sottrarre la poltrona di primo cittadino per una condanna per peculato perché nel ’95, quando era presidente della Provincia, fresco di nozze, aveva usato l’auto blu per farsi accompagnare con la sposina a prendere il traghetto per la luna di miele. Ma un’auto blu utilizzata come pony express per prendere la droga quella ancora no, mancava. Sino a ieri. Protagonista di questa incredibile vicenda un noto esponente dell’Udc in Sicilia, Salvatore Cintola, 68 anni, ex senatore ed assessore regionale al Bilancio, oggi deputato regionale: nel 2004, tramite la sua segretaria dell’epoca (ora arrestata per spaccio, ndr), avrebbe mandato il suo autista in auto blu con mille euro a ritirare da un pusher dieci grammi di cocaina. Cintola nega, grida al complotto contro di lui e giura in lacrime di non avere mai fatto uso di stupefacenti. Ma la vicenda viene fuori piuttosto netta da una serie di intercettazioni che hanno portato, la scorsa notte, a un blitz antidroga a Palermo. E, paradosso nel paradosso, benché secondo gli inquirenti ci siano riscontri al fatto che l’auto blu fece quel viaggio per andare dal pusher, Cintola non è indagato per peculato. Anche secondo recenti sentenze della Cassazione, il peculato non è direttamente configurabile se l’auto blu è usata non esclusivamente per scopi istituzionali. Per il deputato, solo una segnalazione in prefettura, come assuntore di stupefacenti.
Ad aggiungere una patina surreale a questa storia di per sé ai limiti dell’incredibile, anche un’assurda coincidenza. Lo spacciatore contattato dalla segretaria per fornire la cocaina all’onorevole si chiama Giorgio Napolitano, come il capo dello Stato. E l’ex segretaria di Cintola ora finita in manette, riferendosi al suo capo, lo indica come «il nano». La vicenda incriminata risale al marzo del 2004. Per la cronaca, di quella cocaina chiesta in vista di tre giorni e tre notti da affrontare in aula (all’epoca il deputato era assessore regionale al Bilancio, ndr) Cintola non potè neanche fruire. Ci fu una perquisizione nella sua segreteria politica, e quei dieci grammi di droga nascosti in un cassetto saltarono fuori. Cintola, ignaro del blitz della Polizia perché in aula, tornando in ufficio chiama la segretaria nel cuore della notte: «Ma dove le ha lasciate quelle cose?», chiede agitato. E la segretaria, secca: «Onorevole, ci sentiamo domani». Quindi, raccontano sempre le intercettazioni, saputo il giorno dopo cosa era successo, si sarebbe rivolto a un amico avvocato, per concordare una strategia di difesa.
Appresa la notizia, il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa ha disposto l’immediata sospensione dal partito del deputato regionale siciliano, annunciando di avere anche chiesto l’espulsione di Cintola: «Al di là dell’accertamento dei fatti – afferma – la condotta morale tenuta da Salvatore Cintola, che già da tempo con le sue scelte politiche si era di fatto collocato fuori dall’Udc, appare incompatibile con i valori dell’Unione di centro». Ma Cintola, che dice che nel 2004 neanche aveva l’auto blu perché benché fosse assessore aveva scelto di usare la sua automobile, passa al contrattacco. Soprattutto contro il suo ormai ex segretario: «Cesa dovrebbe espellere se stesso e non me per le cose ignobili che ha fatto. Mi hanno sospeso perché sono una persona per bene e non la penso come loro». Un riferimento velato ai guai «morali» dell’Udc. Che negli anni non sono mancati: dalla storia di Cosimo Mele, il deputato finito nei guai per un malore, forse legato all’uso di stupefacenti, della escort con cui si trovava; a quella delle squillo di lusso che frequentavano le stanze di Montecitorio, nella quale (ma non è stato mai indagato né ascoltato come testimone) veniva tirato in ballo lo stesso Cesa. Per non parlare, tornando in Sicilia, delle vicende giudiziarie dell’ex governatore Salvatore Cuffaro. E dello stesso Cintola. Il deputato siciliano che avrebbe mandato l’auto blu a ritirare la cocaina è stato a lungo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Leggenda di ambienti giudiziari vuole che Cintola, all’epoca, si alzasse ogni mattina benedicendo il mancato arresto: «Anche per stanotte l’ho scampata». Nel 2007 l’incubo mafia finì, quell’inchiesta fu archiviata. Adesso questa nuova rogna. Meno pesante dal punto di vista penale. Ma forse ancora più difficile da far digerire agli elettori.

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