Col suo assist c’è sempre una speranza

Il codino non esiste più da un pezzo. Roberto Baggio porta a spasso i suoi 41 anni senza dare troppo peso al tempo che passa. I capelli sono brizzolati e le ginocchia quando piove fanno male. Ma ormai si è abituato. Il calcio era un’altra vita. Il campo è il suo. Firenze è stato un grande amore. È finita male, con la Fiesole che lo chiamava traditore e lui che soffriva in silenzio. Questa volta però non poteva dire no.
La scelta magari sta tutta in una fotografia. Tutti e due hanno i capelli un po’ ricci, la maglia viola e un braccio sulla spalla dell’altro. Dietro c’è la curva. Stefano e Roberto. Borgonovo e Baggio. Il gol e l’assist. Quella foto è un passato a cui non si può voltare le spalle. La malattia ha un nome strano, i medici la chiamano Sla, sclerosi laterali amiotrofica. In America è conosciuta porta il nome di un campione del baseball, morbo di Gehrig. Il patriarca di questo male che ti mette in ginocchio, ti toglie la voce, ti ammazza. Baggio dice che Borgonovo è un eroe moderno, uno che mette la faccia e la sofferenza contro una malattia ancora poco conosciuta». Borgonovo è uno che non si è mai nascosto. Il suo compito era farsi trovare lì, nell’area di rigore, quando serviva. Era il suo talento, anche se non è mai diventato un immortale. Questa sporca malattia ha bisogno dei ricercatori in camice bianco e dei soldi. Baggio e Borgonovo sono una bella coppia. Stavano bene insieme.
A Firenze ci sono le facce di tanti uomini di calcio. Tanti grandi. Tanti immortali. Ma è importante che ci sia Baggio. Non solo in ricordo di quella fotografia. Baggio era il dio della speranza. C’era qualcosa di strano quando giocava, lui era quello a cui i tifosi si affidavano quando non c’era più luce. In quelle partite dove tutto era buio e non si vedevano vie d’uscita, solo Baggio poteva regalarti l’illusioni di un corridoio non visto, di una rivelazione improvvisa. Era una sorta di epifania. Era l’imponderabile. Baggio è uno che ama riparare ciò che appare perduto. Dicono che ora ripari il legno. Ha rimesso a posto un barcone da pesca acquistato a Grado. Restaura, intaglia, recupera. Non ha rimpianti.

Neppure per quel rigore sbagliato a Pasadena. Sa che la vita è così. Quando lui e Borgonovo si guardano negli occhi pensano la stessa cosa. Non è ancora finita. C’è da qualche parte un corridoio, una speranza, che nessuno ancora ha visto. Basta trovarlo.

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