Roma - La Borsa in altalena, lo spread dei titoli che rimbalza come una pallina da ping pong, l’Unione europea che vuole sapere dall’Italia «tempi e modi» delle misure anti crisi. Tutto accadrà oggi, quando alle 15,30 il Rendiconto dello Stato tornerà alla Camera e si vedrà se il Cav ha ancora i numeri dalla sua: ma siccome non si può stare mai tranquilli, anche in una giornata di vigilia come questa non mancano per il Quirinale i motivi di «grande preoccupazione» per la tenuta del Paese. Da qui l’appello, il milionesimo appello di Giorgio Napolitano «alla consapevolezza», e cioè a dimenticare per un po’ le logiche «di parte» e a pensare «al bene comune».
Per lanciare il suo estremo, ma non ultimo, invito alla mediazione, il capo dello Stato approfitta della presentazione di un libro del vicepresidente del Csm Michele Vietti, La fatica dei giusti. Due righe non si negano a nessuno. Il messaggio spedito al suo numero due a Palazzo de’ Marescialli parte dai guai della giustizia e arriva velocemente al nocciolo duro economico del problema italiano, lo sviluppo. Il tempo è scaduto, spiega Napolitano, serve subito «l’avvio, senza ulteriori incertezze e ritardi, di una riflessione comune sulle riforme necessarie, da attuare tutte con un’ampia condivisione».
Due parole, «ampia condivisione», che fanno subito pensare a un governo di emergenza. In realtà al Colle non vogliono bruciare i tempi o fare forzature. L’esecutivo di salute pubblica è sicuramente uno degli scenari teoricamente possibili per il dopo-Silvio, se tutti o quasi saranno d’accordo. Ma per ora il presidente ha deciso di affrontare la situazione giorno per giorno, con la strategia del carciofo.
La prima foglia da scansare è quella del Rendiconto, già bocciato un mese fa. Il capo dello Stato, in base a quello che trapela dall’opposizione, sta svolgendo con successo una intensa moral suasion soprattutto su Pd e Idv per convincere i due partiti quantomeno ad astenersi. Un secondo rigetto del documento consuntivo del bilancio statale sarebbe la certificazione formale di un disastro e avrebbe sicuramente contraccolpi negativi sui mercati finanziari, dove i nostri titoli sono da mesi sotto pressione. Sarebbe letto come un invito alla speculazione a rifarsi sotto. Un anticipo di quello che può succedere si è visto in mattinata con il su e giù della Borsa, in sintonia con l’alternarsi delle voci sulle dimissioni di Berlusconi.
Il capo dello Stato chiede perciò a centrosinistra e Terzo polo «senso di responsabilità» per non affondare il Rendiconto. Del resto, se il Cavaliere non riuscirà a recuperare in extremis i malpancisti, anche l’astensione basterebbe per far vedere che la coalizione di centrodestra è evaporata. Se andrà così, a qual punto Napolitano affronterà la seconda foglia del carciofo, magari convocando il premier sul Colle, chiedendogli spiegazioni e rimandandolo alle Camere per verificare se ha ancora una maggioranza che lo sostiene. Berlusconi potrebbe lasciare subito, per non esporsi a una bocciatura. Oppure potrebbe decidere di sfidare ancora il Parlamento andando a cercare la fiducia sulla legge di Stabilità. Potrebbe scegliere di cadere in Aula.
E qui arriviamo alla terza foglia del carciofo: se Silvio cade, il capo dello Stato scioglierà le Camere o cercherà di mettere in piedi un altro esecutivo? Le sue coordinate, al momento, sono semplici. Come latitudine c’è il no a governi diversi dalla volontà popolare e il no a papocchi instabili, senza l’appoggio delle principali forze politiche. Come longitudine, la «crescente preoccupazione» per la malattia del paziente Italia.
Il grafico della febbre potrebbe infatti impennarsi ancora se questo passaggio istituzionale dovesse complicarsi. Le autorità europee e gli squali di Borsa poco capiscono i sottili bizantinismi del nostro sistema e ancor meno gradiscono la lentezza del sistema decisionale italiano, proprio mentre lo Stivale precipita.
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