Roma - Ottimista no, sarebbe davvero troppo. Anzi, dice Giorgio Napolitano, fare «la sintesi adesso è impossibile» e prima di sbilanciarsi bisogna aspettare «lunedì e martedì, quando saranno ascoltate le principali formazioni parlamentari». Ma insomma, la partita della crisi non è ancora chiusa e le elezioni anticipate, fa capire il capo dello Stato, non sono poi così scontate: «È una piccola catena di montaggio. Posso solo dire che c’è un perfetto rispetto dei tempi. Se tutti i dibattiti fossero così ordinati, ci guadagneremmo».
Sette ore di consultazioni, trenta tra parlamentari e leader già ricevuti nello studio alla Vetrata. Ma la «ciccia» arriverà soltanto la settimana prossima, quando sfileranno Udc prima, Forza Italia e Pd il giorno dopo.
L’incontro-chiave sarà ovviamente quello con Silvio Berlusconi: senza un suo via libera, pare impossibile mettere in piedi un altro governo. Il Cavaliere vuole andare alle urne, però il presidente spera di convincerlo di un fatto, cioè che «è meglio la gallina domani che l’uovo oggi». Al di là delle dichiarazioni e della propaganda, quello che conta è quello che viene detto davanti a Napolitano nella sue veste di notaio della crisi. Roberto Villetti (Ps) descrive un presidente «preoccupato ma determinato». Nelle sue consultazioni ha già registrato qualche cambio di idea, marginale ma significativo, come quello di Di Pietro che non è più per le elezioni anticipate ma per un governo istituzionale. Chissà, nei prossimi giorni pure Berlusconi potrebbe decidere di ammorbidire la propria posizione.
«Siamo sicuri che gli convenga davvero puntare al voto? - si ragiona sul Colle -. Con la legge attuale, il centrodestra potrebbe sicuramente vincere le elezioni ottenendo un margine di venti-trenta senatori. Però avrebbe gli stessi problemi di governabilità che ha avuto nella scorsa legislatura, le stesse resistenze da parte degli alleati. Se invece i due schieramenti si riaggregassero attorno a due partiti forti, internamente maggioritari, la musica cambierebbe».
Obbligato anche dal suo ruolo, il capo dello Stato non rinuncia quindi dal tentativo di mettere in campo un esecutivo che cambi almeno la legge elettorale. Rivela Fausto Bertinotti: «Nel nostro colloquio di venerdì ho trovato la conferma che abbiamo un presidente saggio. È necessario un nuovo sistema elettorale che consenta agli italiani di scegliere e a chi vince di governare». Ma perché questa strategia riesca, serve qualche giorno. E Napolitano vuole prenderselo. «Abbiamo scandito un calendario - spiega alla stampa alla conclusione dei primi due giorni di consultazioni - dando spazio a tutti e concedendo tempi ragionevoli a tutti. È impossibile adesso fare anticipazioni o sintesi. Pazienterete».
Il tempo è necessario, come racconta Clemente Mastella all’uscita dal Colle, «per cambiare un clima che si deve rasserenare» e per verificare le intenzioni dell’Udc. E anche per vedere quanto di pretattica ci sia nella posizioni contrarie. Già qualche piccolo bluff è stato scoperto. Quello di Italia dei valori, adesso disponibile a un «governo brevissimo per legge elettorale». E quello dei Verdi, che non sono più sulla linea «o Prodi o niente» ma che «confidano nell’autorevolezza del capo dello Stato» e aprono a un gabinetto «che parta dalle forze che hanno confermato la fiducia».
E il tempo si dilaterà ancora se e quando Napolitano conferirà, presumibilmente a Franco Marini, un incarico esplorativo. Un ulteriore «supplemento di indagine» per cercare di quadrare il cerchio. Il presidente del Senato si chiama ancora fuori: «Non cambio idea, ho il mio lavoro». Poi però ammette che «è tutto nelle mani del capo dello Stato». Pierferdinando Casini considera «doveroso un mandato esplorativo, tutti farebbero così prima di sciogliere le Camere».
Intanto il presidente «ascolta e prende appunti».
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