Colpo di coda dei pm per far cadere Formigoni

Un anno dopo le Regionali, la procura di Milano manda inviti a comparire a una decina di esponenti Pdl per presunte firme false nella lista del governatore: 770 sulle 3.800 raccolte per il listino. Ma con il processo penale il risultato delle urne sarebbe a rischio

Colpo di coda dei pm per far cadere Formigoni

Milano - Quando manca esattamente un mese al voto per le amministrative, sulla ribalta della campagna elettorale fa irruzione la vicenda delle firme con cui l’anno scorso venne presentata la lista di Roberto Formigoni per il rinnovo del consiglio regionale lombardo. L’inchiesta della Procura della Repubblica, scaturita da un esposto dei Radicali, sulla autenticità delle firme aveva finora viaggiato senza grandi scossoni: al punto che i pannelliani avevano accusato senza mezzi termini la magistratura di voler insabbiare tutto. Invece ieri mattina il procuratore aggiunto Alfredo Robledo fa partire una decina di inviti a comparire per falso in atto pubblico contro altrettanti esponenti del Pdl milanese. Tra loro, tre consiglieri provinciali: il capogruppo Massimo Turci, Barbara Calzavara e Nicolò Mardegan.
Alla svolta l’inchiesta è arrivata in seguito alla consegna in Procura del rapporto conclusivo dei carabinieri del Nucleo Investigativo, incaricati da Robledo di verificare a tappeto gli elenchi che accompagnavano il cosiddetto «listino bloccato» di Formigoni. Una quantità rilevante dei sottoscrittori, interrogati uno per uno dai carabinieri del colonnello Antonino Bolognani, hanno disconosciuto la firma e hanno negato di avere mai inteso sottoscrivere la candidatura di Formigoni. Si tratterebbe di circa 770 firme. Secondo quanto si è appreso in ambienti investigativi, senza le firme apocrife il listino di Formigoni non avrebbe raggiunto il quorum necessario per partecipare alle elezioni. Ma, almeno per il momento, l’inchiesta della Procura non dovrebbe comportare automaticamente la messa in discussione del risultato delle Regionali 2010.

Il secondo passaggio dell’indagine, una volta assodato che le firme erano state apposte all’insaputa dei titolari, è stato individuare chi si era materialmente occupato della raccolta e della confezione dei moduli. I carabinieri hanno interrogato buona parte degli impiegati della sede provinciale del Popolo della libertà, in viale Monza, anche per verificare la voce che circolava da tempo secondo cui la alterazione dei moduli si sarebbe resa necessaria perché l’elenco dei candidati «bloccati» era stato modificato all’ultimo momento per sostituire un nome. Ma su quest’ultimo punto non è dato sapere cosa abbia accertato l’indagine.

Accertati, invece, i nomi di chi ha materialmente compilato e certificato gli elenchi. Si tratta in buona parte di impiegati e militanti del Pdl, che per questo sono finiti nel registro degli indagati, e dei tre consiglieri provinciali che, come consente la legge, hanno autenticato le liste attestando che le firme erano state apposte in loro presenza. Saranno Turci, la Calzavara e Mardegan, quando nei prossimi giorni verranno interrogati da Robledo, a spiegare se agirono di loro iniziativa o se sulla base di input ricevuti dalle strutture dirigenziali del Pdl lombardo, all’epoca coordinato dall’attuale presidente della Provincia, Guido Podestà.

Nessuna dichiarazione, sull’iniziativa della Procura, da parte del presidente della Regione Roberto

Formigoni. Il silenzio del governatore sembra voler dire che Formigoni si sente estraneo alla vicenda e alle irregolarità che - se davvero sono avvenute - riguardano la struttura del partito e non gli uffici della Regione.

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