Coltelli e molotov: viaggio nella delinquenza ultrà

L’8 febbraio di quest’anno il custode della sede del Rimini si reca come ogni giorno ad aprire gli uffici all’interno dello stadio. Quiete tranne davanti agli spogliatoi, si avvicina e scopre adagiata con cura una vera testa mozzata di suino. Sul muro La pazienza è finita...maiali!. Il giorno prima a Formello un migliaio di tifosi armati sequestrano l’intera squadra della Lazio. In 400 si creano un varco con bombe carta, sfondano un cancello secondario e scoppia la guerra, lancio di lacrimogeni, una decina i feriti, 11 gli arresti. Più o meno alla stessa ora gli investigatori della Digos stanno visionando le immagini del circuito di sorveglianza del San Paolo dove alcune persone stanno occultando bottiglie molotov all’interno dello stadio. Verranno lanciate la domenica successiva nel settore ospiti durante Napoli-Milan. Dalle immagini viene riconosciuto un appartenente ai Mastiffs, uno dei gruppi organizzati. In quello stesso campionato, prima di Napoli-Chievo, un esponente dei Fedayn annuncia con un volantinaggio le sue intenzioni. A partita in corso si incarica personalmente di far sgombrare un intero settore della curva A dello stadio formata da un centinaio di tifosi, a sberle. Pochi giorni dopo, il 15 febbraio, la polizia di Torino in comunione con quella di Genova denuncia una decina di genoani e juventini colpevoli dei disordini al Comunale. Al Cto di Torino c’è un agente in prognosi riservata colpito in pieno petto da un colpo di bengala. Pulp fiction, un imbornito scavalca i cancelli per assistere a Napoli-Inter, lo blindano e lui per corromperli offre loro due grammi di marijuana.
Una settimana attorno al calcio, non tutta e nemmeno troppo aggiornata.
Non si tratta di cori razzisti e drappi irriverenti ma di coltelli e asce con una molotov in tasca. Territorio gonfio di omertà, la trasferta una guerra, la divisa il nemico. Quando introducono gli steward per la sicurezza negli stadi, i club rispondono alla Digos: «Noi teniamo l’ordine all’interno, ma voi qui chi ci portate?». Alla famigerata scala B di San Siro due steward a 4,5 euro l’ora controllano l’accesso alla curva: «Due ore prima - racconta uno di loro - gli ultrà sfondano e se non ti sposti ti schiacciano. Noi ci accorgiamo che arrivano perché i due poliziotti di servizio, un attimo prima spariscono». Daspo e obbligo di firma hanno frantumato le tifoserie, dicono alla Digos, i capi si giocano il potere partita per partita, il tifo un pretesto, siamo ai delinquenti travestiti da ultrà. «È difficile capire le dinamiche, abbiamo fatto i conti, non ci sono più i ritorni economici di una volta dalla vendita di gadget, chi glielo fa fare? - commenta Antonio Sbordone, vicequestore Digos a Napoli -. C’è gente che magari inconsciamente è condizionata dalla delinquenza comune, drogati, scippatori, in curva A ci sono almeno dieci gruppi organizzati e autonomi. Li conoscevamo quasi tutti quelli del sequestro del treno Napoli-Roma, almeno il 15 per cento erano camorristi o pregiudicati. E fra loro c’era un killer di camorra e alcuni pentiti, ci sono i filmati. Ma non è la camorra a gestire le curve». Un primo segnale, ci siamo. Alcuni covi ultrà sono stati scoperti all’interno di indagini di tutt’altra entità: «Siamo arrivati a perquisire abitazioni di esponenti dei Mastiffs e Fedayn nell’ambito di altre operazioni, sebbene quelle persone fossero presenti a Udine durante gli scontri che hanno preceduto la partita col Napoli - dice il procuratore aggiunto Giovanni Melillo -. Sono dell’idea che la camorra non gestisca i gruppi di tifosi ma sono altrettanto certo che camorristi frequentino gli stadi». La camorra non ha la regia delle curve, ma ne dispone, una sacca di reclutamento perché a volte occorre alzare la voce e non c’è niente di meglio di qualche centinaio di tifosi convinti di tenere alta la bandiera della propria squadra, fanno massa, lasciano credere che si è pronti a tutto. Sono le spalle larghe della camorra e della delinquenza organizzata, duemila schedati in curva a Napoli. A Roma la politica in curva sbanda, fammi vedere come batti un fallo laterale e ti dico come voti. Tutto è buttato in politica, radio tematiche gestite dal tifo martellano senza tregua, il loro potere è enorme: «Con i nemici dello Stato non si tratta ma con i tifosi che minacciano di non andare a votare sì», denuncia il sindaco di Firenze Matteo Renzi. L’Italia divisa in tre anche nel tifo, camorra, politica, disagio giovanile: «Spesso si menano tra loro - dice un agente Digos che fa parte della squadra stadio al seguito di un top club del nord Italia -. È la lotta per l’egemonia, ma non per il tifo. Chi vince sembra che dica: se volete sapere con chi dovete parlare, eccoci». Dopo la chiusura da parte di molti presidenti di agevolazioni, biglietti, sconti trasferte, parcheggi e agevolazioni sul merchandising, per le curve le entrate sono diminuite ed è aumentato il desiderio di infrangere le regole. Poi scatta la perquisizione nelle loro abitazioni, mazze, proiettili, passamontagna e catene. La Digos li conosce, nessuno crede che sia impossibile fermarli prima che si radunino per una trasferta, ci sono omertà e convenienze, lo spiegano i poliziotti: «La politica non è sotto accusa perché cerca candidati, ma perché li cerca in curva».
A proposito di teste di suino, a Rimini stanno ancora cercando il gruppo che si è esibito nello scavalcamento delle mura dello stadio con maiale al seguito. La Digos brancola nel buio. Si cerca un gruppo di minorenni che dopo aver acquistato la testa di maiale la sera stessa sotto i portici della vecchia pescheria di piazza Cavour alla festa del Maiale, pagandola dieci euro, si è poi esibito depositandola davanti alla sede del Rimini.

Una goliardata. Ne sono tutti convinti tranne Adrian Ricchiuti, ex capitano del Rimini che a giugno ha dovuto cambiare squadra perché altri goliardici nascosero sotto la sua vettura una bomba carta. Ora è andato a giocare a Catania.

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