«Combatteremo, non siamo donne»

Come Osama Bin Laden nei suoi proclami deliranti, anche Muammar Gheddafi è ormai solo una voce. Un tiranno che si affida a un messaggio audio per incitare il suo popolo alla resistenza. Lui chiama e i lealisti rispondono: due autobomba inesplose sarebbero state trovate ieri alla periferia della capitale. Nessuna strage, forse solo un avvertimento, ma l’incubo dell’Irak torna a inquietare le cancellerie internazionali e i servizi segreti di mezzo mondo.
Parla da una località segreta, il raìs e lo fa nell’anniversario del colpo di stato che lo portò al potere 42 anni fa: «Continuate a combattere anche se non sentite la mia voce», dice agli ultimi suoi seguaci in un discorso di dieci minuti inviato e diffuso dal canale Al Rai di Damasco e poi ritrasmesso dalla tv satellitare Al Arabya. Una chiamata alle armi violenta. In barba alle sorti stesse della Libia, il Colonnello insiste: «Sia una battaglia lunga e si bruci il Paese». La Libia sarà messa «a ferro e fuoco», in una lotta senza fine e anche molto virile, secondo l’immaginario del dittatore: «Non ci arrenderemo mai, non siamo donne».
Per il Colonnello la resistenza deve proseguire per «porre fine alla colonizzazione» della Libia. «Il destino del popolo libico non sarà consegnato in mano a pochi agenti occidentali». Le tribù dovranno giocare la loro parte «controllare i propri territori», così come sta avvenendo in alcune aree: «Le tribù di Sirte e Bani Walid sono armate ed è impossibile sottometterle».
Nello stile del leader di Al Qaida, Bin Laden, Gheddafi promette battaglia e vendetta e cerca di alzare il morale dei suoi: «Se vogliono una guerra lunga sarà una guerra lunga, combattete in ogni strada, in ogni oasi in ogni città, non abbiate paura». Poi punta sulle divisione della sua controparte e addirittura rilancia un’accusa che i ribelli gli avevano affibiato, quella di usare soldati stranieri a pagamento: il Consiglio nazionale di transizione libico è «diviso» e i ribelli «contano solo sull’appoggio di mercenari e mezzi di informazione internazionali».
Quello di ieri è il quarto messaggio del Colonnello da quando a fine agosto i ribelli sono entrati a Tripoli. Ancora nulla si sa del luogo in cui potrebbe essere nascosto, anche ora che la notizia dell’arrivo di parte della sua famiglia in Algeria è ormai certa. Secondo le ultime informazioni, soggette però a continue smentite e aggiustamenti, il raìs sarebbe a Bani Walid, nella regione di Misurata, dove regna uno dei clan più potenti del Paese.

L’informazione arriva dal Cnt, che si è premurato anche di smentire le divisioni interne paventate dal Colonnello: «Quando mai Gheddafi è stato credibile?», chiedono ironici i ribelli, che poi commentano il suo proclama: un segnale di «disperazione» per la vittoria della rivoluzione.

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