Il commando aveva una lista di obiettivi

RISCHI Nel covo materiale sulla questura e su varie sedi militari in città. Trovati anche un timer e bombole del gas

Enrico Silvestri

MilanoUn elenco che inizia con la questura, il comando provinciale dell’Arma e prosegue con altre sedi dell’esercito e dei carabinieri in città e provincia. C’era un po’ di tutto nella lista della mini cellula jihadista che l’altro giorno ha poi deciso di iniziare la sua guerra santa con la caserma Santa Barbara. L’elenco era custodito nel covo del gruppo tra quintali di fertilizzante, reagenti chimici, bombole del gas. E un gran Corano. Ma c’è anche un timer tra gli oggetti rinvenuti nel laboratorio dei terroristi. Un quadro di elementi che ha subito innalzato il livello di allarme attorno ai bersagli, dove il personale di guardia ha indossato i giubbetti antiproiettile.
La scoperta era stata fatta poche dopo l’attentato di Mohamed Game, libico di 35 anni, che aveva tentato di farsi saltare in aria usando un ordigno, con alla base fertilizzante al nitrato di ammonio, infilato in una borsa degli attrezzi. Nessun danno alla struttura, nessun ferito tra i militari. Solo lui era rimasto a terra, l’avambraccio spappolato, gli occhi forse persi: ora è in prognosi riservata al Fatebenefratelli.
Le indagini accertano subito che l’uomo aveva comprato al consorzio agrario di Corbetta, alla porte di Milano, tre pacchi da 40 chili di fertilizzante al nitrato di ammonio. Totale 120 chili: gli investigatori temono ci siano altre bombe pronte a esplodere e inizia la corsa contro il tempo. Nel giro di qualche ora, il Ros dei carabinieri e la Digos individuano il primo complice Abdel Hady Abdelaziz Mahoud Kol, 52 anni, egiziano, residente come Game in via Civitali, due passi da San Siro. E subito dopo Mohamed Imbaeya Israfel, 33 anni, libico, sistemato al terzo piano della vicina via Gulli, otto piani di degrado, noto rifugio di clandestini e spacciatori. Qui trovano un timer, un’ottantina di chili di reagenti chimici liquidi e in polvere, e 40 chili di nitrato. Il resto è stato usato per esperimenti e prove, come dimostrano i pentoloni sui fornelli.
E ancora cassettine metalliche da imbottire di esplosivo e far poi esplodere in mille micidiali schegge, un gran numero di bombole di gas, forse più pericolose dell’esplosivo usato alla Santa Barbara, e un Corano aperto sul tavolo. Tra le pagine alcuni articoli di vari giornali dedicati proprio alla caserma attaccata. Altri ritagli riguardano la questura di via Fatebenefratelli, il comando provinciale dei carabinieri di via Moscova, la compagnia di Porta Magenta di via Berengario. Poi altre caserme dell’arma e dell’esercito in città e provincia. Completa l’inventario un computer, da analizzare in cerca di contatti e connessioni.


Dai calcoli fatti dagli investigatori la banda doveva essere composta solo dai due libici e dall’egiziano. Ora al sicuro. Inoltre, stimando il materiale usato nella bomba e in esperimenti vari, non dovrebbero esserci in giro altro fertilizzante o bombe già pronte.

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