Il commento / Nuove regole di voto? Il bersaglio è il Cavaliere

L’attuale legge elettorale è chiaramente una schifezza. Come a detta di molti lo era la precedente, il Mattarellum. E come lo era evidentemente quella che gli italiani hanno cancellato con i forconi grazie ai referendum di Mario Segni. Le leggi elettorali in Italia sono come gli abiti del sarto: con il passare del tempo diventano stretti, inadeguati. Se non vogliamo prenderci per i fondelli c’è un solo sistema, molto soggettivo, per definire una buona legge elettorale in Italia: sono ottime solo quelle regole del gioco che ci permettono di giocare. Il punto è che ogni giocatore ha la sua prospettiva, i suoi voti e le sue diverse convenienze. Dal punto di vista logico una legge elettorale si muove in un pendolo tra stabilità e rappresentanza. Nel mezzo centinaia di piccoli accorgimenti tecnici possono favorire gli interessi degli uni e degli altri.
Nel resto del mondo, in specie quello anglosassone, le cose vanno diversamente. In Inghilterra i liberali hanno recentemente conquistato un mucchio di voti: non a sufficienza per governare, ma indispensabili per eleggere un premier. Nessuno ha chiesto di cambiare le regole del gioco: i partiti si sono adeguati alle regole. Perfettibili, e ci mancherebbe. Negli Stati Uniti neanche il caos che ha portato alla vittoria di George W. Bush, ha portato alla modifica del complesso sistema elettorale. E tanto meno lo richiede quel grande centro che secondo i sondaggi a stelle e strisce cresce di giorno in giorno fino a toccare punte del 30 per cento.
Oggi tutti, tranne Silvio Berlusconi e la Lega, chiedono il superamento dell’attuale legge elettorale. La questione è diventata talmente vitale che si potrebbe creare un’assurda coalizione di volenterosi che non si sa in virtù di quale improvvisa forza (se non la comune antipatia per il Cav) troverebbe un accordo sulla liquida materia elettorale. Motivi per buttare nel cestino l’attuale Porcellum ce ne sono a bizzeffe. In termini assoluti agli elettori non è data la facoltà di indicare nominativamente chi eleggere. E taluni contestano il premio di maggioranza che l’attuale normativa concede. Cerchiamo di non impantanarci nelle tecnicalità (che però in queste faccende sono sostanza)e cerchiamo di seguire un profilo logico.
L’attuale sistema elettorale non è stato realizzato un secolo fa: ma votato esattamente dagli stessi partecipanti del Parlamento di oggi. A cambiare il Mattarellum (la legge che nacque sulle macerie dei referendum Segni) fu la Casa della Libertà, che oltre a Lega e Forza Italia, aveva al suo interno anche Alleanza Nazionale e Udc. Cosa ha fatto cambiare idea ai rappresentanti finiani e di Casini se non la circostanza di non essere oggi più alleati con Berlusconi? Fuor di ogni ipocrisia si dica dunque la verità: cambiamo questa brutta legge elettorale che abbiamo contribuito a votare in modo da tale da ridurre il peso della coalizione berlusconiana alla prossime elezioni. Poche palle, please. La nuova legge non sarà in questa prospettiva migliore, ma solo Berlusconi free.
Ma non basta. Un tentativo di modificare il Porcellum c’è stato: i referendum del professor Guzzetta. Un po’ come quelli di Segni avrebbero rimesso in discussione l’impianto della legge. Pensate un po’ da Franceschini, all’epoca numero uno del Pd, a D’Alema, a Brunetta e Prestigiacomo erano tutti d’accordo nel referendum. Che spostava il premio di maggioranza al partito più votato e aboliva le candidature multiple. Eppure solo il 25 per cento degli italiani andò a votare: una percentuale così bassa da annullare l’esito della consultazione. Anche qui fuori di ipocrisia. Se oggi qualcuno dice che il tema della legge elettorale è tema sentito e fondamentale del sentire del paese, deve farsi quattro calcoli con l’entusiasmo scarsissimo, con cui, fu celebrato il referendum solo un paio di anni fa.
La materia elettorale rappresenta una regola come altre. E all’interno dei suoi estremi, massima rappresentatività derivante dal proporzionale perfetto a massima stabilità derivante da premi di maggioranza ad hoc, ha un set di soluzioni infinite.

Difficile pensare che un Parlamento da Fini a D’Alema riesca a mettersi d’accordo sul dettaglio delle regole. Su una cosa possono trovare un accordo: come far fuori Berlusconi. Perfetto. Ma allora ditelo e non prendiamoci per i fondelli.

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