Caro Giornale, finalmente qualcuno si è accorto che le sagre così come sono oggi organizzate e condotte rappresentano un danno per coloro che per undici mesi allanno stanno dietro a fuochi, fornelli e casseruole e forniscono, anche con il pagamento di imposte e tasse, ristorazioni e prelibatezze ai clienti che arrivano nei loro paesi...
Ne fa fede il ristoratore di Cosseria che chiude perché sommerso dalle prestazioni estemporanee di Pro Loco e volonterosi vari che approfittano delle occasioni di feste parrocchiali e non per esibire doti che non hanno a scapito di coloro che esercitano professionalmente la funzione di ristoratori. Ne fa fede anche se indirettamente la lamentela di un volonteroso di un centro del basso Piemonte che su «La Stampa» si lamenta dicendo «che di gente ce nè ma che spende meno: con un piatto di agnolotti mangiano in due e con una porzione di salamini mangiano in tre» anche se questo è forse detto in funzione della vecchia usuale cantilena «che di soldi ce ne sono meno», mentre si tratta sempre più di persone che si rendono conto che con gli stessi soldi si può mangiare serviti con stoviglierie autentiche da persone esperte ed interessate a che tutto vada bene e che il cliente sia contento.
Sono le associazioni Proloco che, invece di svolgere funzioni di stimolo e di collegamento e di coordinamento delle attività culturali e folkloristiche locali usufruendo ed avvalendosi delle organizzazioni ed installazioni già esistenti nel territorio con tanto di licenza e partita Iva, organizzano nuove strutture acquistando calderoni e tavoli e sedie e posate di plastica esautorando di fatto le organizzazioni già esistenti con evidente uso di danaro pubblico: in effetti un qualunque interessato, potrebbe farsi il suo ristorante, la sua cantina di montagna senza sborsare una lira tanto gli sbocchi commerciali sarebbero comunque assicurati. Succede così, spesso, che un avventore si veda servire gli agnolotti da un bancario che abita nel suo stesso condominio e che è in vena di effettuare volontariato mentre a parere della moglie non sa togliersi la sedia «da sotto lano» come normalmente si dice a Genova.
E così avviene nelle Soms ove si comprano bevande a prezzi ridotti in virtù di licenze rilasciate ad enti e patronati e simili per particolari esigenze sociali ma che in effetti sono serviti in modo non conforme a quelli definiti nelle licenze. Ho sentito dire che il bar è rigorosamente riservato ai soci che eccezionalmente possono portare un amico che però non si può sedere ed altre cose del genere ma non mi pare così avvenga...
Trattasi evidentemente di una manovra di avvolgimento delle istituzioni legittimamente esistenti con licenze e partite Iva, nellintento di svuotarle di ogni contenuto mediante la costituzione di organizzazioni parallele e parapolitiche ed attraverso queste ed altri movimento spontanei ostacolare previsioni, decisioni e provvedimenti di enti regolarmente e democraticamente formati con libere elezioni.
Mi conforta la organizzazione della festa azzurra di Pietra Ligure e non tanto per le tavole rotonde attorno alle quali sono invitati illustri ed anche meno interlocutori, ma per la forma dei tavoli appunto rotondi attorno ai quali possono sedere i commensali e che sono proprio quelli più di quelle, che attestano la differenza di costume di intenti e di dignità tra le persone frequentatrici di sagre politiche e/o non e quelle di Forza Italia.
Tavoli piccoli rotondi che permettano ai commensali di vedersi e poter conversare in piena armonia. Per finire: perché non ponete in discussione il limite di due mandati parlamentari, regionali ecc? Con i miei migliori saluti.
(Gavi)
Caro signor Repetto, lavete voluta la Festa dellUnità? Lei no, magari, ma tutte le sagre moderne (e anche la Festa azzurra di Pietra Ligure), chi le ha inventate? Che origine hanno in comune? E soprattutto, chi determina il loro successo? La gente che ci va. Libero mercato, verrebbe da dire. Però «libero mercato» non può rispondere il ristoratore che deve mostrare la ricevuta fiscale alla guardia di finanza, o il barman che deve pagare i contributi ai suoi dipendenti. In realtà è vero: le sagre sono diventate una forma di concorrenza sleale. Però ci sono due però. Il primo è che hanno spopolato forse anche a causa di qualche conticino un po troppo salato servito come ammazzacaffé da alcuni ristoratori che pensavano di non avere limiti.
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