T ra i molti articoli dedicati allesperimento condotto dagli scienziati del CERN ne ho notato uno dal titolo significativo: Troppo presto per archiviare Einstein. Giustissimo, chi mai oserebbe negarlo? Ci vorrà del tempo per stabilire se davvero quei neutrini hanno superato la velocità della luce e, del resto, la notizia è stata fornita dagli stessi autori con grande sobrietà e usando toni tuttaltro che trionfalistici. Pur essendo evidente la loro soddisfazione, nessuno si è azzardato a dire che Einstein è superato. Occorre provare e riprovare, consentendo alla comunità scientifica di scoprire eventuali errori prima di accettare il risultato proposto. Vorrei tuttavia notare che il punto è un altro. Per lennesima volta la scienza dimostra di essere un cantiere aperto, nel quale non si dà mai per scontato alcunché. Anche quando si mette in gioco la reputazione di una teoria che ha tracciato per decenni i confini della ricerca fisica. Tale constatazione è molto importante, poiché conferma che il dogmatismo nella scienza non ha diritto di cittadinanza. Aveva dunque ragione Karl Popper quando affermava che le teorie scientifiche possono soltanto essere poste continuamente alla prova da tentativi volti a confutarle: ne deriva, tra laltro, che una teoria è valida quando resiste ai tentativi di confutazione, e non lo è in caso contrario. Che cosa succede quando si rifiuta la confutazione introducendo ipotesi o definizioni ad hoc? Si fuoriesce automaticamente dallambito scientifico.
Il carattere provvisorio e sempre controvertibile della conoscenza scientifica è un dato prezioso. È sempre possibile che quanto conosciamo o riteniamo vero oggi si riveli, in futuro, falso, e la storia della scienza è piena di teorie che, ritenute valide e definitive in una certa epoca, si sono poi dimostrate inadeguate. Per esempio, la teoria di Einstein ha sostituito quella di Newton, la quale aveva a sua volta soppiantato quella tolemaica. Ma niente ci autorizza a credere che la teoria einsteiniana sarà valida per sempre. Questa strategia dovrebbe essere valida in ogni ramo della conoscenza, ivi inclusi gli ambiti di competenza della politica e delle scienze sociali. Popper ha espresso questa idea con lo slogan «la ricerca non ha fine».
Non a caso il filosofo austriaco citava proprio Einstein quale esempio di scienziato sempre cosciente della possibilità di essere confutato. La natura ipotetica della conoscenza è inscritta, per così dire, nel DNA della scienza. È errato supporre che una teoria, per quanto utile e perfetta possa sembrare, abbia raggiunto la verità definitiva circa la struttura del mondo. Del pari errata è la credenza che la scienza ci conduca alla certezza di una spiegazione ultima e definitiva: il destino delle teorie scientifiche è quello di essere, prima o poi, superate. Popper si spingeva oltre, sostenendo che si deve accettare la falsificazione con gioia, poiché essa testimonia che abbiamo compiuto progressi nella conoscenza della realtà. Si tratta forse di unesagerazione, poiché a nessuno piace essere confutato (almeno di primo acchito); eppure questo è il modo migliore per non cadere nel dogmatismo.
*Professore di Filosofia della scienza, Università di Genova
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