Rimini - Nella lista compaiono una banca, alcune società finanziarie, immobiliari. Circa quattrocento posizioni. Poi ci sono i privati cittadini: uomini e donne all'apparenza non collegati a imprese. Settecento nomi, tra aziende e persone fisiche. Li accomuna una strana coincidenza: hanno tutti «casa», fiscalmente parlando, al consolato di San Marino a Rimini.
Sul mistero della loro residenza nella sede diplomatica romagnola stanno indagando la procura di Roma e il nucleo speciale della polizia valutaria della Guardia di finanza. I settecento dell'elenco sono tutti residenti a San Marino, ma godono contemporaneamente di questo domicilio fiscale nel cuore della costa romagnola. Chi sta conducendo le indagini spiega che la residenza fiscale di un'azienda non può essere in nessun modo un consolato. È «illegittimo», chiariscono alla Finanza, che in una dimora diplomatica siano svolte attività commerciali. Perché i settecento residenti «extraterritoriali» hanno assunto questa scelta di domicilio? Gli inquirenti per ora hanno scoperto che questo consente ai «residenti» di avere diritto a un codice fiscale italiano. In pratica, fiscalmente risponderebbero al regime di San Marino, ma sono tutti in possesso di una partita Iva italiana.
Passando alla lente di ingrandimento gli statuti e i bilanci societari e i nominativi di questo elenco, gli inquirenti stanno tentando di capire perché è avvenuto questo massiccio trasferimento di residenza fiscale. Le società sono quasi tutte di natura finanziaria.
Proprio a San Marino l'Agenzia delle entrate sta vagliando la posizione di oltre 6mila residenti italiani sospettati di aver assunto la residenza sammarinese per godere di agevolazioni per le loro attività. Ma a detta di chi indaga, il mistero dei 700 residenti al consolato è all'apparenza ancora più sconcertante, e per questo oggetto di un'indagine che in pochi giorni ha preso un percorso molto diverso da quello battuto fino a questo momento.
L'inchiesta, chiamata «Miraggio», era infatti partita quest'estate dalla posizione di un imprenditore italiano, Giuseppe Toniolo, arrestato due settimane fa dalla Gendarmeria di San Marino e in attesa di estradizione. Toniolo avrebbe riciclato attraverso banche sammarinesi i proventi di false fidejussioni rilasciate in Italia. È accusato di associazione per delinquere, truffa e riciclaggio.
Quando le Fiamme Gialle si sono presentate al consolato di San Marino a Rimini per acquisire alcune carte delle società intestate all'imprenditore, hanno scoperto però che le imprese «domiciliate» in via Flaminia 185 a Rimini non erano due, ma centinaia (non di Toniolo ovviamente). I documenti riferiti a settecento «abitanti» si sono materializzati negli uffici di Rimini. La Gdf ha quindi sequestrato tutte le carte di aziende e privati e l'indagine ha preso il vento. La perquisizione al consolato ha indignato San Marino. Dal piccolo Stato a pochi minuti di auto dalla costiera romagnola avevano risposto spiegando che la residenza fiscale nella sede diplomatica di Rimini è «prassi abituale concordata dall'agenzia delle entrate». Ma la Finanza ha indagato e ha scoperto che questo «non è vero». Il domicilio fiscale sarebbe stato concesso solo per casi eccezionali di persone che avevano questa esigenza per motivi di studio o sanitario. Tutto questo è accaduto tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto.
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