Cronache

Conti al timone nella bufera

Conti al timone nella bufera

Paola Setti

Speravano i dissidenti che sarebbe stato lui, a tirarsi indietro. E dopo un pomeriggio passato a parlare, una nottata a litigare e una mattinata ad ascoltare, Giacomo Conti ci aveva anche pensato. «Non voglio essere un segretario regionale ostaggio - diceva a mezzogiorno di ieri -, quindi ritirerò la mia candidatura se la composizione del comitato politico andasse in quella direzione». Invece. Sul comitato politico si sono scannati parecchio, un’ora di riunione, devono farne parte 40 persone no 42, Tizio voterà a favore Caio contro Sempronio si asterrà, alla fine i conteggi hanno convinto il segretario.
Lo hanno rieletto, ma Rifondazione comunista resta spaccata. Perché 12 su 37 delegati della mozione uno, quella di Fausto Bertinotti che in Liguria ha una maggioranza del 49 per cento, hanno deciso che Conti non li rappresenta più. Il che ha comportato che ieri Conti totalizzasse 22 voti su 42. 4 sono andati a Marco Veruggio, il rappresentante della terza mozione che si è candidato, spiega «non per un giudizio negativo su Conti, ma perché a livello nazionale la mia mozione contesta l’alleanza con l’Ulivo». 16 si sono astenuti: 7 della mozione uno, 9 della quarta.
Ieri se le tre mozioni di minoranza avessero deciso di unire le forze avrebbero potuto persino strappare la segreteria regionale del partito. Per non saper che farsene e infatti non l’hanno fatto, che poi chi ci si mette a organizzare le primarie e le elezioni politiche su una linea, quella dell’alleanza con l’Ulivo, che non condividono, per dire. Epperò sono sintomi di un disagio. Non che Conti non ne sia consapevole: «La fase è difficile, siamo al governo della Liguria, dobbiamo dotarci di politiche regionali adeguate e ci sono differenze fra noi a l’Ulivo su tante tematiche, dai precari alla scuola, dalle infrastrutture alla portualità alle politiche ambientali ed energetiche». Solo che, ha puntato il dito ieri, «qui il dibattito è degenerato è si è imbarbarito non su temi politici, ma per una questione di assetti».
È la risposta, durissima, al segretario provinciale di Genova, Bruno Pastorino, che guida la rivolta. «Dice che non ho sostenuto il candidato della sinistra alternativa, Manuel Chiarlo? Ma è la sua federazione che doveva appoggiarlo. Dice che sono voluto entrare a tutti i costi nel listino di Burlando? C’è stato un comitato politico che lo ha deciso a stragrande maggioranza, anche perché un segretario è più forte se è nelle istituzioni». Pretesti, accusa Conti. La verità, dice, è che «alcune aree del partito, e in particolare la federazione di Genova, non hanno ottenuto rappresentanti in Regione».
Loro, i sette dissidenti, la mettono diversamente. Bruno Pastorino, Arturo Fortunati, Carlotta Guarascio, Simone Leoncini, Andrea Iori, Maria De Barbieri e Laura Bettinelli, avrebbero voluto un passo indietro da parte del segretario, «per aprire il dibattito su un nome nuovo che raccogliesse la convergenza più ampia possibile». Conti è ottimista: «È fallito il tentativo di farmi mancare la maggioranza assoluta, che invece ho ottenuto, il che significa che c’è stata una ricomposizione. Adesso sarà mio impegno ricompattare il partito». Si è preso 15 giorni per decidere come sarà la segreteria.

I primi a venire «consultati» saranno i segretari provinciali e c’è un brutto clima.

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