«Non rispondere alle provocazioni». L’indicazione è partita da Arcore qualche giorno fa. Così, nonostante Fini continui ad alzare l’asticella ora dopo ora, nel Pdl non c’è nessuno che si prenda la briga di farlo quantomeno presente. Anzi. Se l’ex leader di An dice «no» alla reiterabilità del lodo Alfano costituzionale il ministro della Giustizia si affretta a rispondere che non si tratta di «una questione su cui vive o muore il progetto di legge». Di più: quando il presidente della Camera soffia su un eventuale crisi di governo («su alcune questioni che riguardano la giustizia il rischio c’è») e dice sì ad alleanze allargate anche a «chi in passato ha creduto all’utopia socialista», dalle parti del Pdl replicano osservando un silenzio tombale.
La strategia del Cavaliere, dunque, è quella di lasciare il pallino in mano a Fini. Perché, è il senso del suo ragionamento, ormai mira solo ad esasperarmi per far saltare il tavolo e aprire la strada a un governo tecnico. E la novità delle ultime ore starebbe proprio in una decisa accelerazione in questa direzione. Per questo il presidente della Camera alza il tiro, perché se davvero lo show down arrivasse sul lodo Alfano il leader del Fli avrebbe buon gioco a passare nel popolo antiberlusconiano come una sorta di salvatore della patria.
Il passo successivo sarebbe già stato studiato nei dettagli, a partire dai numeri del Senato dove sono ben 43 su 135 i sentatori pidiellini di prima nomina (e quindi sensibili alle sirene di un governo tecnico che gli permetterebbe di maturare la pensione). I numeri, insomma, già ci sarebbero. E in questo senso non è passato inosservato l’editoriale di Repubblica di domenica scorsa. Con Scalfari che invita a creare una «cordata» che «unisca tutto il centro (finiani compresi) e tutta la sinistra», «l’unico progetto» che «può evitare una vittoria del berlusconismo per i prossimi nove anni». Un appello a cui risponde «sì» - sempre dalle colonne di Repubblica - il capogruppo del Pd alla Camera Franceschini e che incassa il via libera del presidente dei deputati del Fli Bocchino. Senza considerare l’apertura di Fini a «chi in passato ha creduto all’utopia socialista».
Non è un caso che per tutto il giorno dal Pdl - ministri, capigruppo e semplici parlamentari - si punti il dito contro l’ipotesi di un governo tecnico ripetendo come un mantra che l’unica alternativa all’esecutivo in carica sono le elezioni anticipate. Un’eventualità che Berlusconi non esclude affatto. Per questo il Cavaliere preme l’acceleratore sul partito, al punto che fra due mesi, a inizio 2011, dovrebbero riunirsi le assemblee elettive per nominare i nuovi coordinatori regionali e provinciali. Un modo per rivitalizzare il Pdl sul territorio mettere subito in sella i nuovi vertici locali in vista di un’eventuale tornata elettorale.
Ed è sempre in quest’ottica che continua il lavoro di Verdini, Santanchè e Brambilla sui Team della libertà che nel giro di tre mesi dovrebbero essere operativi in tutte le 61mila sezioni elettorali. Un lavoro capillare se su circa 250 elettori del Pdl per ogni sezione (questo al momento dicono i dati campione) se ne vogliono selezionare una ventina da mobilitare su territorio. Senza considerare l’importanza di un sì vasto database di militanti attivi su scala nazionale nel caso di elezioni anticipate.
Nel frattempo - e in attesa che il 14 dicembre la Consulta si pronunci sul legittimo impedimento (una delle ragioni per cui il Pdl non forza la mano su lodo, visto che una sua approvazione anche in prima lettura potrebbe aiutare una decisione della Corte costituzionale «favorevole» al premier) - Berlusconi è intenzionato a concentrarsi sull’attività di governo.
A partire dall’emergenza rifiuti a Terzigno, perché metterci mano concretamente sarebbe un segnale non indifferente. Tanto che il Cavaliere non esclude di seguire la vicenda in prima persona e sul posto come già aveva fatto per Napoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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