Roma - Giuseppe Frigo è stato eletto giudice della Corte Costituzionale dal parlamento riunito in seduta comune, con 690 voti. La maggioranza richiesta era di 572. La proclamazione ufficiale dell'elezione è stata fatta in aula alla Camera dal presidente Gianfranco Fini, con a fianco il presidente del Senato Renato Schifani. Oltre a Frigo, hanno ottenuto voti Donato Bruno (32) e Gaetano Pecorella (24), i voti dispersi sono stati 14, le schede bianche 52, le nulle 29. Hanno partecipato al voto 841 parlamentari su 952 aventi diritto.Alla votazione numero 22 per sostituire il posto lasciato libero da Vacarella è finalmente arrivata la fumata bianca dopo la convergenza sul nome di frigo anche dell'opposizione.
La soddisfazione del Capo dello Stato "Desidero esprimervi il mio vivo compiacimento per l'elezione del giudice costituzionale che ha coronato i vostri difficili sforzi per porre fine a un grave ritardo e per garantire lo svolgimento della insostituibile funzione di garanzia della Corte nella pienezza della sua composizione". E' quanto scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato ai presidenti delle Camere Renato Schifani e Gianfranco Fini subito dopo l'elezione di Giuseppe Frigo a giudice della Consulta.
Frigo: "Forse era destino..." Giuseppe Frigo non nasconde la soddisfazione per la sua elezione alla Corte Costituzionale e non lesina i ricordi. La candidatura gli è stata comunicata non più di 24 ore fa, ma già sa che la sua vita è cambiata. "Siete andati a ripescare episodi della mia vita che avevo persino dimenticato - confessa ai cronisti che per l'intera giornata lo inseguono al telefono - altri no, erano ancora belli vivi, ma è incredibile il lavoro di ricerca che vi siete messi a fare". E così, tra il lusingato e l'emozionato conferma o smentisce notizie al suo riguardo. Quella che conferma con piacere, sorridendo spesso, è di quando venne chiamato a difendere il pool di Mani Pulite. Lui, avvocato bresciano non coinvolto in nessuno dei processi per Tangentopoli. "Me lo ricordo come se fosse oggi - racconta - quando venni chiamato da Pier Camillo Davigo per difendere il pool davanti alla Corte Costituzionale nel conflitto di attribuzione sollevato dal Parlamento in occasione della richiesta di arresto per Bettino Craxi". "E sapete chi era la mia controparte che difendeva il Parlamento? - aggiunge - Era Giovanni Maria Flick. E mi affiancarono anche un costituzionalista: Valerio Onida, il futuro presidente della Consulta. Ripenso solo ora a tutte queste coincidenze, E' davvero incredibile. Quasi fosse un destino... Fu davvero una strana combinazione quella, riletta ora alla luce degli avvenimenti di oggi".
Alla candidatura di Frigo si arriva ieri sera dopo la rinuncia di Gaetano Pecorella. Chiamato da Silvio Berlusconi in persona, il deputato del Pdl fa un passo indietro. Il veto posto su di lui dall'opposizione per via di un processo pendente nei suoi confronti al Tribunale di Milano è un macigno insormontabile. La maggioranza non ce la fa da sola a votarlo. I presidenti delle Camere Gianfranco Fini e Renato Schifani, infatti, sul punto sono stati irremovibili: fino a quando non si elegge il nuovo giudice, il Parlamento in seduta comune è convocato ad oltranza. Dopo il 'beau geste' di Pecorella è la linea suggerita da Niccolò Ghedini quella che passa: Frigo è il candidato. La scelta di un nome dentro il Parlamento, come quello di Donato Bruno ad esempio, sottolineano nel centrodestra, non rassereerebbe il clima politico e non sgombrerebbe il campo da un altro candidato considerato "ingombrante" dal Pdl: Luciano Violante. "Se si è deciso di non votare un politico stavolta - afferma lo stesso Pecorella a margine della prima votazione della mattinata andata a vuoto - è difficile che quando toccherà al capo dello Stato la scelta ricadrà di nuovo su un politico". Se ora si opta per un tecnico, insomma, il centrodestra considera probabile che anche a febbraio, quando Giorgio Napolitano dovrà sostituire Flick, si agisca nello stesso modo, portando magari all'Alta Corte un altro avvocato: Franco Coppi, il celebre penalista che difese, tra gli altri, Giulio Andreotti.
Ma se la partita-Consulta si chiude, se ne apre un'altra che riguarda più da vicino Antonio Di Pietro: quella della presidenza della commissione di Vigilanza Rai. Il presidente del Senato Renato Schifani si augura che l'intesa su Frigo segni "l'inizio del disgelo". Il nodo potrebbe sciogliersi la settimana prossima, dopo la manifestazione del Pd del 25 ottobre. Fino a quella data, infatti, sarà difficile che il partito di Veltroni prenda posizione. Il candidato, a tutt'oggi resta Leoluca Orlando, ma entrambi i poli sono certi che anche su questo fronte si dovrà fare un passo indietro se si vuole sbloccare l'impasse. Il rischio infatti, temono nel Pd, è che la maggioranza possa fare un blitz votando per qualcuno, magari sempre dell'opposizione, ma che non sia il candidato designato. Oggi Di Pietro tace sulla vicenda. Non si escludono sorprese dell'ultima ora.
Radicali portati via di peso Mattinata movimentata dal blitz di una pattuglia di radicali. I tre senatori radicali, Emma Bonino, Marco
Perduca e Donatella Poretti, sono stati portati fuori di peso dall’aula
della Camera, che occupavano da ieri sera. I tre senatori si erano
seduto delle sedie e i commessi gli hanno presi uno alla volta e portati
fuori portando a braccia la sedia. "Siamo consapevoli della gravità del nostro atto - ha detto Bonino -
ma serve a sottolineare delle scene penose che si sono verificate in
questi giorni in Parlamento". La vice presidente del Senato ha riferito di
essere stata contattata per telefono dal presidente Schifani che ha
cercato di convincerla a desistere dall’occupazione riferendole che è in
corso in questi minuti una riunione di maggioranza e opposizione per
trovare una soluzione.
Prima occupazione nella storia della Repubblica Nella storia del Parlamento repubblicano non
esistono precedenti di occupazione dell’Aula di un ramo del
Parlamento da parte di componenti dell’altro.
L’articolo 64 del Regolamento di Montecitorio recita che "Nessuna
persona estranea alla Camera dei deputati può sotto alcun pretesto,
introdursi nell’Aula dove siedono i suoi membri.
Il pubblico è ammesso in apposite tribune".
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