Enrica Roddolo, giornalista del settimanale «Il Mondo» e scrittrice, in tanti anni di ricerche dedicate allaristocrazia europea ha intervistato principi e principesse e scavato nei segreti di corte. La sua ultima fatica «Cuori blu» (ed. Mursia, 12 euro) esce in libreria questo fine settimana. Pubblichiamo un capitolo dedicato al prossimo matrimonio tra William e Kate.
Marcia nuziale sul Tamigi La regina Vittoria volle sposarsi nella piccola cappella di St. James's Palace a Londra. Una scelta inconsueta anche per il tempo. E arrivò all'altare indossando un semplice abito di mussola, lontano dallo sfarzo di ricami in oro e argento che caratterizzava gli abiti nuziali del tempo. Anche William e Kate, anche la borghese conosciuta fra i banchi della University of St. Andrews e il principe destinato un giorno al trono di Edoardo il confessore, avrebbero preferito forse qualche cosa di meno solenne di Westminster Abbey, tempio religioso della Londra del potere, della politica e della tradizione, stretta com'è l'abbazia tra l'imponente edificio delle Houses of Parliament, con le guglie neogotiche innalzate nell'Ottocento, e Victoria Street che porta alla Westminster Cathedral (cuore, questo, della Londra cattolica). Forse - si dice a Londra - ai due innamorati sarebbe piaciuta di più la raccolta St. George's Chapel al castello di Windsor (St. George's Chapel come West- minster Abbey sono «Royal Peculiars», soggette alla sola giurisdizione della regina). Ma questa idea deve aver albergato nelle loro menti per poche ore, al più per qualche giorno. Era infatti chiaro anche a William e a Kate che il Paese - per queste loro nozze attese con trepidazione da anni e accolte con un vero tripudio di entusiasmo lungo Oxford Street come a Downing Street - si aspettava un grande evento. Un grande evento come soltanto la solennità antica mille anni di Westminster Abbey può assicurare. Senza contare che Westminster è anche dove William disse addio per sempre alla sua «Mummy». Qui, infatti, furono celebrati i funerali solenni per Diana nel settembre del 1997. E sempre qui, nell'abbazia che Enrico III decise di costruire sul modello delle grandi cattedrali gotiche, riposano diciassette sovrani del regno. Qui, giurando sulla mitica Stone of Scone, incastonata dal 1300 nella Coronation Chair per volere di Edoardo I, sono stati poi incoronati tutti i sovrani della Gran Bretagna. E nel 1953 qui giurò Elisabetta II, in quella che è stata anche la prima cerimonia di investitura di un nuovo sovrano ripresa dall'occhio della telecamera (salvo l'attimo rituale, anzi sacrale quasi, dell'unzione della nuova regina con l'olio sacro). Stesse volte gotiche, stessa magica atmosfera che rimanda alla mente la gloriosa storia del regno, stessa chiesa dove Elisabetta e Filippo si dissero di sì. Era il 1947. Rispetto a St. Paul, cuore della Chiesa anglicana che con la sua solenne e maestosa cupola domina lo skyline della City londinese (la chiesa dove Diana e Carlo si giurarono eterno amore che eterno non fu), Westminster offre, però, un'aria quasi intima con il coro ligneo, e i tanti monumenti sepolcrali illustri: da Isaac Newton a Elisabetta I. Come tutte le cattedrali gotiche, rispetto alla pomposa solennità di quelle dei secoli successivi, con quel loro stile barocco, ridondante spesso di colonne tortili e stucchi ricoperti in foglia d'oro. Niente cocchio regale, però, per Kate, che ha deciso di andare a Westminster Abbey per la cerimonia fissata per le undici di mattina a bordo di una semplice autovettura.
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