Così Bertolaso ha smontato l’ultima trappola

RomaSi siede sistemando veloce un computer e una pila di carte sul tavolo. Indossa la felpa blu della Protezione civile. La divisa del tecnico e non l’abito del politico. La sala delle conferenze stampa di Palazzo Chigi è tutta per lui. Guido Bertolaso mostra slide, diapositive luminose proiettate su uno schermo. Legge le intercettazioni telefoniche, anche quelle che lo riguardano. Divide il suo discorso «in quattro parti, come una partita di hockey». Un’ora e mezzo di partita, il suo match. La sua difesa davanti ai giornalisti.
Anno 2008: gli elenchi delle spese evitate alla Maddalena quando si preparava il G8. 2009: la lista di tutti i massaggi a cui si è sottoposto al salaria Sport Village di Roma; l’sms testuale che la massaggiatrice Monica gli inviò un anno e mezzo fa: «Mi scusi se la disturbo...». Il lei, e non il tu. «Niente baci».
Parla dei preservativi che non sarebbero mai stati utilizzati nella cabina della fisioterapia. Dice che chi ti identifica come uomo potente a volte «ti vuole compiacere». Magari offrendoti prestazioni sessuali. Ma basta «non abboccare all’amo, e io non ho abboccato». Cita Bill Clinton e la lettera che l’ex presidente Usa gli ha inviato proprio in mattinata, ironizzando sul fatto che tutti e due hanno avuto «problemi», seppur diversi, «con una Monica» (la Lewinsky per Clinton, la fisioterapista per lui). Non accusa Angelo Balducci, ex provveditore alle opere pubbliche, e l’imprenditore Diego Anemone, i due protagonisti dell’inchiesta che sta facendo tremare i palazzi della Capitale. Di Balducci anzi dice: «Con me era un gentiluomo».
Non accusa nessuno, in fondo, Bertolaso. Ma difende se stesso. «Pensavo di potervi incontrare dopo l’archiviazione della mia posizione», ammette. Invece Bertolaso è ancora indagato per corruzione a Perugia e l’inchiesta avanza, nuove carte sono in circolazione. Tra pochi giorni Anemone uscirà dal carcere. Finora non ha mai parlato e potrebbe farlo adesso.
Qualunque sia la ragione, il capo della Protezione civile e sottosegretario ha deciso di giocare d’anticipo. È la mossa che consente il punto in qualsiasi sport di contatto fisico: quando vedi partire il colpo, tira il pugno più veloce. E allora ecco la sua verità. Per «difendere me, la mia famiglia, la Protezione civile, e questa maglietta». Il tempo «dirà chi avrà ragione».
Non parole vaghe, ma documenti, lettere riservate: «Ho chiesto stamattina a Silvio Berlusconi di poter fare questa conferenza stampa». Le «sue carte» sono scoperte: da ieri sera sono tutte consultabili sul sito della Protezione civile. Il Dipartimento sta valutando di costituirsi «parte civile» contro Anemone e Balducci. «Ho fiducia nei magistrati», dice Bertolaso. «Soprattutto in quelli di Perugia». Sottolinea però un’anomalia: nelle carte dell’inchiesta mancherebbero alcune intercettazioni, quelle delle sue telefonate dirette: in un dialogo agli atti del 31 dicembre del 2009, Balducci «dice ad Anemone che io avrei parlato di Anemone come del “nostro capo”. Ma io non ho mai detto questa frase. Avevo chiamato Balducci quello stesso giorno. Ma quell’intercettazione, guarda caso, non c’è». Manca la telefonata di controprova. Domanda di un giornalista di Repubblica: «Ha mai mentito agli italiani?». Risposta istantanea: «No, io non ho mai mentito agli italiani».
Anno 2006: Bertolaso legge il numero dell’assegno con cui, il 29 settembre, saldò con un'impresa di Anemone alcune piccole ristrutturazioni alla sua abitazione. Mostra anche la fattura con cui il centro di Settebagni pagò sua moglie, architetto di giardini, all’inizio del 2007: 7mila euro «regolarmente denunciati» Questa conoscenza con la famiglia d’imprenditori parte «nel ’99», prima il padre, poi il figlio, Diego, con cui «ho avuto rapporti come con altri imprenditori, trasparenti, che in nessun modo avrebbero potuto rendermi ricattabile». «Da Anemone non ho mai preso soldi, anzi, glieli ho dati»
Estate del 2008: l’assegnazione dei lavori alla Maddalena agli Anemone, oltre che ad altre aziende, fu decisa non da Bertolaso, ma dal «soggetto attuatore» (Angelo Balducci). Una gara regolare secondo la stessa «commissione europea». Ottobre: Bertolaso si rende conto che i costi nel cantiere del G8 stanno raddoppiando. Per questo chiama come nuovo commissario l’ingegnere Gian Michele Calvi, che riesce a riportare il budget a 380 milioni.
Poi il terremoto: L’Aquila, 6 aprile 2009. Sfumata la torta della Maddalena, Anemone voleva certamente «avere un ruolo» anche lì: «È venuto varie volte a trovarmi», ma senza successo.

Sabina Guzzanti e il suo Draquila?, gli chiedono. L’ha visto al cinema? «No, ma sono felice di vivere in un Paese democratico - dice, e sorride -. Amo la libertà di stampa. È giusto che ognuno possa dire quello che vuole. Questo è quello che avevo da dire io oggi».

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