Quando l'ho incontrato per la prima volta, 16 anni fa, ricordo di aver pensato di non aver mai visto uomo più bello fino allora. Ma la sua bellezza non era solo esteriore, scaturiva da qualcosa di più profondo, quel qualcosa che solo la serenità e la gioia di vivere sanno dare ad una persona.
Quella serenità e gioia di vivere che lo hanno accompagnato fino alla fine della sua vita.
Sto parlando di Vittorio Calissano, dal 1970 amministratore unico della Ditta Pattono,la ditta di sanitari e arredo bagni più antica di Genova. Infatti è nata nel 1882, quando il primo Sig. Pattono è sceso da Costigliole d'Asti, paese di origine della famiglia, a piedi fino a Genova,trovare la sua fortuna.
Vittorio, «Fitti», per gli amici più intimi,era molto orgoglioso di questo percorso familiare, anche se il suo era stato ben diverso, ma non certo meno avventuroso.
A 23 anni, infatti, è diventato pilota dell'Aeronautica Militare Italiana, e in seguito è stato pilota di linea per l'Alitalia, prima di prendere le redini della Ditta di famiglia.
Quello del pilota è stato il periodo della sua vita che più si è portato nel cuore, un po' perché legato alla giovinezza, ma soprattutto perché l'aeronautica è stata la sua più grande passione.
Con amici e conoscenti non perdeva occasione per parlare del suo aereo, comprato dopo la carriera di pilota, e mostrava con orgoglio le foto del volivolo che teneva appese nel suo ufficio alla Ditta Pattono.
Assieme a quelle c'erano anche i quadri del nonno, il Comandante Calissano e della nonna, l'ultima Signora Pattono che lo aveva sposato, da cui il loro cognome. Vi era anche la fotografia di un altro insigne personaggio della famiglia, il Capitano Felice Calissano, suo zio, morto nell'ultima guerra in un combattimento in prima linea in Russia. Insomma in quell'ufficio era davvero esposta la storia di un'intera dinastia! E questo non poteva sfuggire né ai fornitori,né ai clienti dello «sciù Pattono».
Come non poteva non conoscersi l'altra sua passione: il mare.
Gli è sempre piaciuto andare in barca e tutti i week-end li passava a bordo della sua imbarcazione «Vittoria», ormeggiata al porticciolo di Lavagna. Se il tempo e il mare lo permettevano, gli piaceva uscire dal porto a fare girare i motori, concedendosi qualche ora di navigazione o verso Sestri Levante, o verso Portofino. Se invece la meteorologia non lo consentiva, rimaneva in porto occupandosi di fare quei «piccoli lavoretti» che ogni amante di barca conosce bene, e che alla fine della giornata riempiono di soddisfazione come se si fosse fatto chissà cosa.
Il suo modo di fare signorile e la sua innata eleganza nelle maniere e nel vestire, facevano di lui un vero Lord Brummel, l'ultimo dandy di una Genova che oramai va scomparendo, con il rimpianto di chi ne ha visti gli splendori dei lontani anni'60 e '70.
Gli sono rimasta accanto fino alla fine, sia nel lavoro che nella vita, quando la brutta malattia che lo ha colpito due Natali fa non gli ha dato più tregua, senza però riuscire né a scalfire la sua bellezza, né la sua forza interiore.
Vittorio ha pensato fino all'ultimo di vincere quello che neanche la medicina poteva fare, con la sua volontà di vivere e la determinazione con cui aveva portato avanti 70 anni di esistenza.
Il suo ultimo pensiero fisso era quello di tornare a volare su di un Cessna 150, che si era proposto di acquistare via Internet appena fosse guarito. Voleva riprendere a viaggiare su due ali, per vedere quei pochi posti del mondo che ancora non aveva visto, lui che nella vita aveva visto così tanto.
Non ce l'ha fatta, e chi gli è stato vicino, ha sempre saputo che sarebbe andata così, ma fino all'ultimo dei suoi giorni, ha sorriso a tutti e a me, col sorriso di sempre, quello di un affetto durato 15 anni e mai tramontato, ha detto: « ci vediamo domani».
Oggi, ad un anno dalla sua scomparsa, lo voglio pensare che vola col suo Cessna fino alla fine dei tempi.
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