Nostro inviato
a Duisburg
Benedetto Pirlo e quel suo destro liftato, sia lodato Iaquinta e quel suo scatto a serramanico. In un paio dore di un banale lunedì di metà giugno lItalia di Marcello Lippi, carica di angosce e di tormenti, scandali e processi, è uscita dallincubo di una falsa partenza mondiale ed è entrata in un cono dombra dove è lecito riparare prima di ripartire sabato sera, contro gli Usa a caccia dichiarata di una qualificazione quasi scontata. In due ore e poco più è accaduto di tutto o quasi. I complimenti di Blatter, il gran capo della Fifa, al primo tempo degli azzurri, «il migliore dallinizio del torneo» e il siparietto tra Beckenbauer e Riva, registrato nellintervallo di Italia-Ghana, risultato ancora sospeso sull1 a 0 marchiato da Pirlo, hanno capovolto la cronaca. «Io ne ho vissute tante di vigilie, mai nessuna complicata come questa e alla fine abbiamo tutti avvertito un senso di liberazione»: nella descrizione di Gigi Riva, autorevole dirigente della Nazionale scattata in piedi, cè tutto il valore aggiunto di quel 2 a 0 al Ghana che in altri tempi e in altri tornei sarebbe passato inosservato o quasi. E invece ha proclamato un raduno speciale e ha licenziato fenomeni genuini di passione che hanno restituito al calcio e alla sua squadra regina i contorni tradizionali. I 23 milioni di patiti dinanzi alla tv, i primi caroselli in piazza, la festa spontanea dei paisà di Hannover, con gli striscioni colmi di ironici presagi («ha detto Moggi vinciamo 2 a 0») hanno dichiarato la fine di una pericolosa sudditanza psicologica e linizio della vera avventura calcistica.
«È stato carino Beckenbauer, ha portato un regalo alla Federcalcio e per loccasione io e lui abbiamo chiarito»: nelle parole di Riva cè il senso istituzionale dellincontro, riservato invece il dettaglio del colloquio informale, franco e cordiale come sanno essere due sodali di una epoca indimenticabile. «Lui non è mai stato una femminuccia che ti viene addosso nei momenti difficili» il riconoscimento al grande rivale di un tempo nella leggendaria semifinale di Città del Messico, oggi padrone dellorganizzazione e degli spot pubblicitari che invadono il grande schermo tedesco.
Inutile qui negarlo o far finta di niente: non si può licenziare quel 2 a 0 come una rassicurante partenza dai blocchi di Germania di 2006. No, non è stato così. Dentro e fuori la Nazionale è stato un viaggio di andata e ritorno verso uno psico-dramma. Gli azzurri e i loro accompagnatori, Lippi e i suoi fidati collaboratori, avevano tutti sulle spalle un macigno, e rischiavano di restarne schiacciati, esposti come sarebbero stati al pubblico ludibrio, agli sberleffi, agli sfottò degli «anti» spuntati come per incanto, a sinistra in particolare e nei circoli radical chic. Perciò quel sanguigno del Ct a un certo punto, dopo la rasoiata di Iaquinta, ha preso a calci un secchio dacqua, per sfogare la tensione e togliersi dalla schiena il macigno. «Alla fine tutti insieme abbiamo cenato e parlato, gioito come non era mai successo in Portogallo o in Giappone»: dalla testimonianza univoca di Buffon e Perrotta è venuta avanti la Nazionale schierata a testuggine, mai inquinata dalle rivalità del campionato moltiplicate dalle polemiche sullo scandalo. «Tra di noi non ne abbiamo mai discusso» hanno fatto sapere. E persino la presenza di Guido Rossi e signora, il commissario, scortato da Demetrio Albertini, è servita ad alleggerire il clima di uno spogliatoio che aveva rotto lassedio e si sentiva finalmente libero, senza zavorra, pronto a volare da oggi in avanti se mai avrà la forza e labilità. «Con noi si è fermata anche il ministro Melandri» il resoconto dettagliato di Riva non ha trascurato alcuna delle visite ricevute. Solo a quel punto, richiusi i bagagli, il charter azzurro ha fatto rotta verso Düsseldorf e lalbergo alla periferia di Duisburg alle due di notte è diventato più accogliente.
Dolce il risveglio dellItalia, venato da qualche lampo di tensione che Lippi ha preso al guinzaglio, con un tempismo che deve far misurare la sua attenzione quotidiana, la sua feroce concentrazione. È successo tutto al campo di allenamento, protagonista Alessandro Del Piero che si sentirà anche Achille ma deve sicuramente patire questo mondiale dietro le quinte. Così al primo calcione ricevuto da un ragazzino della squadra locale, ha risposto per le rime. Il ct lha fermato per un braccio e lha redarguito. Del Piero non se nè curato granché.
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