Cinzia Romani
da Roma
È difficile girare un film sul calcio, perché il regista non sa che cosa fare quando arriva la palla in campo. Ma se cè di mezzo un personaggio come Diego Armando Maradona, impossibile resistere alla tentazione dintraprendere il rischio. Tanto più se el pibe de oro classe 1960 si presta alloperazione. «È il film più complicato della mia carriera, dal punto di vista organizzativo», racconta Marco Risi de La mano di Dio, prodotto da Elide Melli per Comedy Film, con la collaborazione di Raicinema e del Ministero dello Spettacolo, che ha erogato un milione e mezzo di euro, laddove il costo del film (pronto a settembre e distribuito da 01) si aggira sui nove milioni e mezzo. Nonostante linteresse che, nel bene e nel male, il personaggio Maradona smuove e a dispetto del buon nome di Risi junior, figlio di tanto padre (Dino) e bravo cineasta di suo, pare che fino allultimo nessuno volesse scommettere un centesimo. È stato un fax disperato («Elide, addio!») dellautore de Il muro di gomma a convincere la Melli a investire tempo e denaro in quello che ieri, nello studio pariolino del press-agent Enrico Lucherini, è stato presentato come un affare internazionale. Intanto, i partner spagnoli «sono responsabili del rapporto con Maradona, anche per quanto riguarda eventuali controversie, che non sussisteranno, perché Risi gira qualcosa di gentile», mette le mani avanti la produttrice. Maradona ha fornito la propria consulenza, oltre alle giocate da mezzapunta che hanno fatto la storia del calcio. «Per discutere del film, ci siamo visti a Cesenatico: la cosa che importava di più a Diego, era che la moglie Claudia e le sue figlie fossero daccordo con quello che si sarebbe visto», precisa Marco Risi, il quale, comunque, certe cose dovrà portarle sullo schermo. Oggi, infatti, Maradona è un signore che, al massimo, tira giù un paio di santi, litigando con qualcuno, dopo aver ballato da Milly Carlucci (sono noti i suoi guai col fisco nostrano). Ma quando il fuoriclasse era allapice della carriera, gli scandali non si contavano. Cocaina e donne a fiumi, paternità controverse e guasconerie restano nella biografia di colui che ha cambiato il gioco del pallone. «Cè un calcio prima e dopo Maradona, esattamente come esiste un jazz prima e dopo Charlie Parker», chiosa il regista, in partenza per Barcellona, poi per Napoli, dopo aver girato a Buenos Aires («ormai mi considero regista argentino, visto come vanno le cose qui in Italia»). Una parte delle riprese ha avuto luogo a Villa Fiorito, nellaccampamento di baracche a ridosso di Baires, dovè nato Diego. «Abbiamo girato a casa di Goyo, lamico dinfanzia di Maradona», dice Risi, che per la parte del protagonista ha scelto Marco Leonardi, una ventina di film alle spalle e una forte somiglianza fisica col pibe, occhietti furbi e ricci neri inclusi. «Nel film parlerò in castejano, un misto di spagnolo e di argentino. Sono ingrassato sette chili e credo che Maradona, nella vita vera, sia stato influenzato dalle cattive compagnie», afferma Leonardi, mancino e appassionato giocatore di calcio, anche maglia numero dieci, come Diego.
Ma che cosa vedremo, ne La mano di Dio? «Linfanzia di Maradona e la sua adolescenza, periodi felici, anche se poveri, prima di farsi soggiogare dalla cocaina. Avremo un sessanta per cento di maledizione e un quaranta per cento di grazia. Il mio Maradona, dai ventidue ai quarantacinque anni, incontrerà Fidel Castro a Cuba; farà da testimonial contro la droga, circondato dai ragazzini, a Barcellona, dove cominciò la sua storia con la cocaina; scenderà in campo contro gli inglesi, sfoggiando i gol degli undici tocchi e, in un finale a sorpresa, si rivolgerà alle figlie, per scusarsi degli errori commessi», spiega Risi, solo un po allarmato dalle ingerenze di Claudia Villafane (qui, largentina Julieta Diaz), ex-moglie del campione e manager di ferro degli interessi propri.
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