Così siamo rimasti isolati

Sconfitti sul fronte diplomatico. Massacrati su quello internazionale. All’indomani della decisione indiana di sbattere in galera i nostri due marò ecco il mesto bilancio dell’operato del governo. La doppia debacle è dovuta a due ragioni. La prima è la scarsa energia profusa nel difendere l’innocenza dei nostri militari. La seconda è la mancanza di alleati pronti a sostenere la nostra diplomazia.
Discettando sulla mancanza di giurisdizione indiana invece di sbattere i pugni sul tavolo e sostenere, fino all’esibizione di prove contrarie, l’innocenza dei marò ci siamo infilati in una disputa cavillosa e contorta che ci preclude l’appoggio internazionale. In uno scenario caratterizzato da una lotta all’ultimo coltello per la conquista di mercati come quello indiano, nessuno muoverà mai un dito per salvare due militari a cui neppure il nostro governo attribuisce una patente d’assoluta innocenza.
Il grave errore iniziale s’è aggiunto a oggettive difficoltà internazionali. L’aiuto più prezioso sarebbe potuto arrivare dal minuscolo ma influente Stato della Città del Vaticano. Il 18 febbraio, tre giorni dopo lo scoppio del caso Enrica Lexie, il Papa ordinò cardinale l’arcivescovo indiano George Alencherry, rappresentante della comunità cristiana dello stato del Kerala. A quella comunità appartenevano anche i due pescatori uccisi davanti al porto di Kochi. I media indiani hanno però fatto terra bruciata intorno al cardinale amplificando a dismisura le sue caute promesse d’impegno a favore dell’Italia. Condannato e criticato persino dalla comunità cattolica di Kerala, il cardinale ha dovuto battere in ritirata.
A quel punto il ministro degli esteri Giulio Terzi, ex ambasciatore a Washington, avrebbe potuto bussare alle porte del Dipartimento di Stato. Alla casella India-Italia i tabulati di Washington registrano però una doppia criticità. La prima riguarda il satellite Agile lanciato nel 2007 dalla piattaforma spaziale di Sriharikota nonostante gli Stati Uniti avessero chiesto all’Agenzia spaziale italiana di non spostarne in India le componenti «classificate». Il secondo punto dolente si chiama Finmeccanica. L’azienda italiana è sospettata di aver illecitamente spiazzato gli americani della Sikorsky conquistandosi un contratto da 650 milioni di euro per la fornitura di 12 elicotteri Agusta Westland 101 a Nuova Delhi. Un Obama pronto a tutto pur di convincere l’India a non acquistare greggio iraniano ci penserebbe comunque due volte prima di prendere posizione a favore di un governo tecnico destinato a non superare il prossimo anno.
Sul fronte opposto neppure Mosca si straccerebbe le vesti per noi. Vladimir Putin è stato attentissimo nel formalizzare, alla vigilia delle presidenziali, la fornitura all’India di una sottomarino nucleare. In mancanza di un rapporto personale, come quello intrattenuto con Silvio Berlusconi, il neo eletto residente russo si guarda bene però dall’intercedere per i nostri marò. Lo stesso dicasi per Israele grande e discreto partner dell’India nel settore difesa che nota però l’intiepidirsi, negli ultimi mesi, dei rapporti con il nostro paese.
Cercar soccorso in Europa è invece peggio che andar di notte. Nicholas Sarkozy ha appena allungato uno sgambetto a Italia, Gran Bretagna e Germania, partner nel progetto per il caccia europeo Eurofighter, e ha chiuso con l’India un contratto da 15 miliardi di euro per la fornitura di 126 caccia bombardieri Mirage Rafale prodotti interamente in Francia. Se l’appoggio di Sarkò è utopia altrettanto lo è quello di Londra e Berlino, alla disperata ricerca di nuove commesse indiane.
Meno scontata era l’indifferenza dell’Europa e della Nato. Dal 2008 la nostra Marina militare partecipa, infatti, alle operazione anti-pirateria «Atalanta» dell’Unione Europea e «Ocean Shield» della Nato.

Per finanziare le due missioni - resesi necessarie perché l’India e altri Stati rivieraschi non muovono un dito contro i pirati - l’Italia spenderà quest’anno 49 milioni di euro. Nonostante queste cifre e il dispiegamento delle nostre unità navali il nostro governo non è però riuscito ad ottenere né l’aiuto dell’Unione Europea, né quello degli alleati atlantici.

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