Cosa nostra, 19 arresti: Messina Denaro braccato Presi fedelissimi del boss

Operazione finalizzata a smantellare la rete del superboss latitante. Tra i 19 fermi anche i fedelissimi che svolgevano il ruolo di postini per recapitare i pizzini: video. Maroni: "Si stringe il cerchio"

Cosa nostra, 19 arresti: 
Messina Denaro braccato 
Presi fedelissimi del boss

Trapani - Terra bruciata attorno al padrino. Un'operazione finalizzata a smantellare la rete di favoreggiatori del superboss latitante Matteo Messina Denaro, indicato come il nuovo capo di Cosa nostra. Gli investigatori della polizia appartenenti al servizio centrale operativo e alle squadre mobili di Trapani e Palermo, hanno eseguito 19 fermi emessi dalla procura distrettuale antimafia di Palermo. "Si sta stringendo il cerchio attorno al latitante numero uno Matteo Messina Denaro - commenta soddisfatto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni - sono ottimista sul fatto che molto presto riusciremo a catturarlo".

Terra bruciata attorno a Messina Denaro Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamenti e trasferimento fraudolento di società e valori. Secondo l'accusa farebbero parte della struttura trapanese di Cosa nostra; alcuni di loro sono legati anche da vincoli di parentela con il boss latitante attorno al quale gli investigatori hanno fatto ormai "terra bruciata". In questo momento sono stati impiegati oltre 200 agenti della polizia che hanno operato, con l'aiuto di unità elitrasportate, nella zona di Castelvetrano, il paese natale di Matteo Messina Denaro. Contestualmente all'esecuzione dei provvedimenti di fermo, gli investigatori della Polizia, con il supporto dei reparti prevenzione crimine, stanno eseguendo 40 perquisizioni, in diverse regioni italiane nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta, Torino, Como, Milano, Imperia, Lucca e Siena.

Le indagini della polizia Le indagini della polizia sono state coordinate dal Procuratore di Palermo Francesco Messineo, dall'aggiunto Teresa Principato e dai Pm Marzia Sabella e Paolo Guido. L'operazione è stato denominata in codice Golem 2. Gli arresti costituiscono infatti il seguito dell'operazione Golem 1 del giugno scorso, condotta da uno speciale team investigativo, con l'obiettivo di disarticolare la rete di complicità che avrebbe favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi figurano infatti alcuni fedelissimi del padrino trapanese che avrebbero svolto il ruolo di "postini" per recapitare la corrispondenza del boss contenente ordini e disposizioni.

I pizzini intercettati Gli investigatori sono riusciti a "intercettare" alcuni pizzini attribuiti a Messina Denaro, che in passato aveva avuto un fitto scambio epistolare con Bernardo Provenzano e i boss Lo Piccolo. In cella sono finiti anche alcuni elementi di spicco di Cosa Nostra trapanese, tra cui i reggenti delle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna e Marsala che avrebbero svolto un ruolo di raccordo tra Messina Denaro e i suoi affiliati nonché con i vertici delle cosche palermitane I particolari dell'operazione saranno illustrati da magistrati e investigatori in una conferenza stampa che si terrà in mattinata, alle ore 11, presso la Questura di Trapani.

Il fratello del super boss Salvatore Messina Denaro, fratello del boss latitante di Castelvetrano, sarebbe alla guida della famiglia mafiosa da almeno quattro anni, da quando è subentrato al cognato del latitante, Filippo Guttadauro, arrestato nel 2006. Quest’ultimo, "fino al momento del suo arresto veniva consultato per ottenere autorizzazioni o direttive, in sostituzione di Matteo Messina Denaro". In diverse occasioni, Salvatore Messina Denaro sarebbe stato ripreso dalle telecamere degli investigatori, "mentre incontrava i propri accoliti nei posti più impensabili, allo scopo di eludere possibili intercettazioni: ad esempio, in riva al mare tra i bagnanti nonostante il caldo oppure nei pressi di un monumento in una giornata piovosa". Il punto di riferimento resta comunque Matteo Messina Denaro, che continua a esercitare il proprio ruolo attraverso messaggi che riceve e manda imponendo il rispetto di due precise regole: la puntualità nella corrispondenza e la distruzione dei bigliettini con il fuoco, per non commettere lo stesso errore fatto da Bernardo Provenzano con i propri "pizzini", trovati nel covo di Montagna dei Cavalli, mettendo a rischio gli affari e i latitanti di Cosa nostra. "All’occorrenza - raccontano gli inquirenti - Messina Denaro ha anche ricevuto pizzini con all’interno una banconota da 500 euro ben piegata". Per la famiglia mafiosa di Castelvetrano esiste un’altra "regola ferrea", riguardante il sistema delle estorsioni: "Il pizzo non viene richiesto alle imprese della provincia di Trapani, ma alle società che arrivano da fuori la provincia, con richieste estorsive pari a quasi il 3% degli appalti che vengono aggiudicati".

La soddisfazione di Maroni Il capo del Viminale ha parlato della "importantissima" operazione antimafia dello Sco della Polizia statale di Trapani. "E' stata smantellata la rete postale del boss latitante numero uno dei trenta latitanti più pericolosi, Matteo Messina Denaro, che attraverso una rete di uomini faceva circolare le sue disposizioni con il sistema dei pizzini".

Attorno a Matteo Messina Denaro, ha detto Maroni, si sta facendo "terra bruciata". Per il ministro leghista si tratta di una "grandissima operazione della Polizia di stato, tra quelle più importanti degli ultimi dieci anni".

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