«Cosa riesce bene ai Pd? Tenersi stretto il potere»

11 novembre scorso, mattina. Andrea De Maria, segretario del Pd a Bologna: «La candidatura di Gianfranco Pasquino, assai autorevole, è un ulteriore arricchimento...». Il 17 sera, Pasquino era già stato fatto fuori dalle primarie per il sindaco post-Cofferati.
Professore, che è successo?
«Questo partito è nato male, cresce peggio, non è affatto aperto e non ha alcuna voglia di rinnovarsi».
Tutto qui?
«È anche disorganizzato. Anzi, peggio. È organizzato per garantire i posti di potere sempre agli stessi. Alla faccia della fusione fra le due migliori culture riformiste del Paese, così dicevano Ds e Margherita, no?».
Così dicevano. Ma lei dice così perché l’hanno fatta fuori.
«Che mi abbiano fatto fuori è tutto da vedere. Comunque perderanno, vincerà il centrodestra».
Vabbé, andiamo con ordine.
«Mi sono candidato l’11. Dovevo raccogliere 386 firme entro la sera del 17».
Poteva svegliarsi prima.
«Vero. Ma avevo pensato di dare solo un contributo sui programmi. Poi ho visto che i candidati non erano così eccitanti, su quel fronte, e ho deciso di provare in prima persona».
E quindi?
«Ho chiesto l’elenco degli iscritti, mi hanno detto che non era disponibile: avrei potuto copiarli a mano, oppure dare 12.500 euro per spedire altrettante lettere. Allora ho chiesto che inviassero la mail ai 4.500 iscritti con posta elettronica, ma hanno detto che c’erano problemi al server».
L’alternativa alle firme era il sostegno di almeno 46 componenti dell’Assemblea cittadina.
«La sera del 14 vado all’Assemblea, chiedo il sostegno, ma mi trattano con insofferenza, dicendomi di cercare altrove».
Poi però Flavio Del Bono le offre i suoi 46.
«Il 17 pomeriggio, a candidature quasi chiuse, esce un’agenzia di stampa che dice che Del Bono mi dà le sue firme».
Un beau geste.
«Una scorrettezza, se mai. Quei 46 firmatari sono stati consultati? Chi ha deciso? E comunque è stato il chiaro tentativo di scegliersi l’avversario, di intrupparmi. Se avessi vinto, sarei stato per sempre il candidato subalterno a Del Bono».
Lui pure candidato.
«Appunto, un’assurdità. Che poi, lo sa che io non avrei potuto firmare la mia candidatura?».
Perché?
«Perché non sono iscritto al Pd».
Ohibò, come no?
«Io vengo dal Pci e dal Pds. Ma il Pd mi pareva un partito confuso, pasticciato, frettoloso. E infatti è così. È stato solo la fusione fra due gruppi dirigenti, senza che nessuno di nuovo sia stato coinvolto».
Non poteva firmare ma poteva candidarsi.
«Sì, perché il 14 ottobre 2007 avevo votato a quelle che voi giornalisti vi ostinate a chiamare primarie e che invece sono state solo la celebrazione di Walter Veltroni. Io infatti votai Rosy Bindi».
E poi si stupisce se le fanno la guerra.
«Che poi che senso ha fare le primarie sei mesi prima del voto di maggio? A Firenze le fanno a febbraio».
Hanno tentato di pilotare le primarie anche a Bologna insomma.
«Ma per pilotarle bisogna esser capaci. Invece sono impasticciati, Del Bono è forte solo perché gli altri candidati sono deboli».
Lei ha insegnato alle università di Firenze, Harvard, Los Angeles, ora a Bologna. Ha diretto riviste prestigiose, è stato in Parlamento per tre legislature e ha pure 66 anni. Ma chi glielo fa fare di entrare in questo ginepraio?
«Sono seduto in poltrona con i piedi su una sedia, tipo lettino di Freud, provo a risponderle. Vivo a Bologna da 40 anni e l’ho vista declinare, sempre peggio, dal traffico alla sicurezza».
Pollice verso anche su Cofferati?
«La misura di come ha governato Cofferati la dà il fatto che non è mai venuto all’inaugurazione dell’anno accademico. Io avevo già il sostegno di 1.400 cittadini, 290 dei quali iscritti al Pd. Penso di avere idee piuttosto importanti. E avevo l’illusione di spezzare certe logiche».
La crociata del duro e puro.
«C’è poco da ridere. Prenda Del Bono. Sono 15 anni che siede nelle istituzioni, eppure è il candidato del sistema dirigente, altro che rinnovamento. Solo che è della Margherita».
Quindi i Ds rivendicano poltrone altrove.
«Vogliono primarie di rappresaglia in Provincia: hanno fatto pressioni sulla presidente, della Margherita, perché si dimettesse.

Piazzeranno due dei loro al posto di Del Bono, che è assessore e vicepresidente in Regione. E della Regione vogliono la presidenza».
Spartizione del potere in barba al partito unico.
«Sì, ma perderanno. Vincerà Guazzaloca, uno che non garantisce poltrone. Come Pasquino».

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