Le celebrazioni per i primi cento giorni del governo Monti hanno raggiunto lapice. Allunisono, stampa e tv raccontano le meraviglie di un Paese cambiato. Sappiamo che il premier ha il sostegno sincero e leale dellex premier Berlusconi che volontariamente gli ha lasciato il posto. E sappiamo che Monti gode anche di stima di una larga fetta di notabili ed elettori del Pdl ai quali non dispiacerebbe averlo come nuovo leader. Tutto questo ci è chiaro, ma non per questo dobbiamo nascondere sotto lo zerbino alcune verità. Per esempio. Durante i mirabolanti cento giorni lItalia è entrata tecnicamente in recessione, la disoccupazione è cresciuta, quella giovanile ha superato la soglia del 30 per cento, le agenzie internazionali ci hanno declassato e spediti addirittura in serie B. Ancora. Le tasse sono aumentate raggiungendo un nuovo record di pressione fiscale, la benzina sfiora i due euro al litro, le liberalizzazioni, quelle vere, non ci sono e non ci saranno. La Rai è diventata un pollaio fuori controllo, la Protezione civile un buco nero. Lo spread è sceso ma resta a livelli che quattro mesi fa venivano giudicati insostenibili e pericolosi.
Tutto questo è accaduto in presenza di una maggioranza politica innaturale e bulgara, di un Parlamento commissariato dal presidente della Repubblica, di un governo che va avanti a colpi di decreti-legge e voti di fiducia. Insomma, ci mancava soltanto che in una situazione di potere così unica e forse irripetibile non tornasse almeno un po di fiducia, che peraltro è gratis, nellesecutivo. Ma onestamente, non vediamo proprio che cosa ci sia da gioire o celebrare. Il miracolo, annunciato e atteso, non cè stato e non poteva esserci. Perché con le regole blindate dalla nostra Costituzione neppure il governo dei migliori, o come in questo caso dei non eletti, della non casta, è in grado di liberare il Paese dalle incrostazioni. E per cambiare la Costituzione, che ci piaccia o no, cè una sola strada: ridare parola e potere alla politica. I cento giorni sono quindi sì importanti ma nel senso che sono cento giorni in meno che mancano alle elezioni.
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