Costanzo: "Salevrò i saltimbanchi e le commedie in dialetto"

Nominato consulente dal ministro Bondi, Costanzo spiega i suoi progetti: recupero delle tradizioni e "aggancio" ai grandi eventi come l'Expo di Milano. "Porteremo la grande poesia nelle stazioni del metrò"

Costanzo: "Salevrò i saltimbanchi 
e le commedie in dialetto"

Roma - E se qualcuno dovesse storcere il naso? «Figuriamoci. Quelli che fanno gli schifiltosi non mancano mai». E il nuovo «consigliere per il teatro, l'arte povera e le tradizioni» (come testualmente recita il decreto, firmato dal ministro dei Beni Culturali Bondi) alle critiche malignette ribatte con laconico sbuffo. Non è tipo da smontarsi facilmente, Maurizio Costanzo. Meno che mai oggi, che a cercarlo è addirittura un ministro. «Me l’ha chiesto durante un pranzo: “Ho bisogno che lei mi faccia da consigliere per il teatro”. Ci ho pensato su e ho risposto: “Va bene. Ma a titolo gratuito”. E purché possa dire la mia anche sull'arte povera - quella dei saltimbanchi e dei girovaghi - e sulle tradizioni dei dialetti».

Ma, in concreto, che cosa fa un consigliere per il teatro?
«Consiglia. Su richiesta e anche senza. Così ho già parlato al ministro di alcune mie idee. Il recupero del territorio attraverso le sue tradizioni. Il prossimo centenario dei futuristi. La promozione della poesia con citazioni celebri riprodotte nelle stazioni della metropolitana. E ho incontrato il sindaco di Milano, Moratti, per sapere che cosa farà l'Expo per il nostro teatro».

Ma il grande pubblico si domanderà: che c’entra Maurizio Costanzo con il teatro?
«C'entra. Perché me ne occupo da trent’anni. Perché dal ’70 a oggi ho scritto quindici commedie, tutte rappresentate. Perché nel ’65 fondai il primo teatro-cabaret romano, il Cab37, a via della Vite. Perché dirigo tre teatri a Roma - il Parioli, il Brancaccio, il Morgana - e per due anni ho posseduto il Ciak a Milano. Perché guido un festival a Todi, dopo essermi occupato per dieci anni di quello di Benevento».

Il che, aggiunto ai programmi in tv, ai libri, alle commedie musicali, alle quattro rubriche sulla carta stampata e a quella radiofonica, pone inevitabile un’altra impertinenza. Ma dove lo trova il tempo per fare tutto?
«Lo trovo, lo trovo. Magari a fatica. Ma la notte dormo cinque o sei ore. E, al contrario di quanto si maligna, non uso “negri”, cioè scrittori anonimi che lavorino nell'ombra al posto mio: i miei collaboratori, come Chicco Sfondrini, firmano sempre. Sa com’è: tutto sta a organizzarsi, a razionalizzare il tempo».

Ma lei non sospetta che qualcuno possa trovare inadatto il suo nome, per un incarico culturale come questo?
«Un giorno vorrei incontrare qualcuno che mi spiegasse cosa vuol dire cultura. Per me significa comunicazione. Ed è alla comunicazione, che io mi dedico».

E ritiene che con gli spettacoli di Platinette, Lillo e Greg, Antonio Giuliani, Emanuela Aureli e Biagio Izzo - con i nomi in cartellone nei suoi teatri, insomma - lei faccia sufficiente cultura?
«Di sicuro faccio comunicazione. Certo: i nostri sono cartelloni “leggeri”, dedicati a spettacoli d’intrattenimento piuttosto che alla prosa classica. Ma il glorioso Sistina non fa altrettanto?».

Forse è la matrice smaccatamente «televisiva» del suo teatro, che le si rimprovera. Il fatto che in scena si ritrovino gli stessi che le appaiono accanto in tv.
«A parte che in scena avremo anche signori attori, del calibro di Valeria Valeri e Gianrico Tedeschi, bisogna rendersi conto che io gestisco dei teatri privati. Io sono obbligato a far quadrare i conti. A me nessuno m’ha mai pagato l'affitto: quindi sono costretto a proporre spettacoli di buona fattura, ma che richiamino gente. Certo: il difficile è mantenere alta la qualità senza cadere nel becero. Ma vorrei ricordare a certi vecchi snob, rincoglioniti dagli anni e dai foulard, che se non ci fosse il teatro privato, a salvare quello pubblico...».

Altra polemica teatrale. Che rapporti ha oggi con Gigi Proietti?
«Nessuno. Non ci sentiamo più. E pensare che eravamo vicini di pianerottolo, a via dei Giubbonari».

Lei lo sa, vero, che parte dell'opinione pubblica la ritiene responsabile dell’allontanamento di Proietti dal teatro Brancaccio di Roma?
«Lo so, e approfitto per ribadire che non sono io che l’ho sfrattato. Nella mia lunga vita io non ho mai cacciato nessuno. Quando sono intervenuto la seconda volta, il Brancaccio era già chiuso, le compagnie erano a spasso e Proietti era andato via. Per questo il Comune di Roma aveva dichiarato ai gestori che non avrebbe rinnovato loro il contratto. Allora - questo nessuno lo sa - io proposi a Proietti: gestiamolo insieme, tu e io. E lui ha detto no, non me la sento, troppo difficile. Così, se ora lui vuol fare a vita il vedovo del Brancaccio, faccia pure. Ma io che c’entro?».

E una rappacificazione, non è proprio possibile?
«Me l’auguro. Gigi è un amico, e lo stimo quale grandissimo attore».

E la tv?
«Nel mio futuro ho 46 nuove puntate del Costanzo Show, due a settimana, e il nuovo Maurizio Costanzo -

Raccontando, una volta a settimana su Sky».

Ma se a teatro ci va da spettatore, cosa sceglie fra Sei personaggi in cerca d’autore e Rugantino?
«Li scelgo tutti e due. Ma prima vado a vedere Rugantino».

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