nostro inviato a Forte dei Marmi
Dopotutto non lo ferma più nessuno. Dieci ore di volo, mica poche, ed eccolo qui fresco come una rosa, nel giardino di casa davanti al busto scolpito per lui da Gina Lollobrigida. Andrea Bocelli sorride perché c’è da festeggiare: il cd My Christmas, che da noi esce oggi, negli Stati Uniti è già secondo in classifica, roba che a nessun italiano era mai toccato prima. «Chissà, magari arrivo al primo posto». Perciò lui, che fa finta di niente ma ci tiene assai, l’altra sera era ospite al talk show di Oprah Winfrey a Chicago. E dal 3 dicembre sarà anche nei cinema italiani con Dio ci benedirà, il brano finale di A Christmas Carol, il nuovo film di Robert Zemeckis per la Disney. Per dirla tutta, stavolta Bocelli interpreta Santa Claus is coming to town e Adeste fideles, Tu scendi dalle stelle e Jingle bells e via così fino a completare quello che nel prossimo mese diventerà il disco più venduto nel mondo e buonanotte, anzi buon Natale a tutti gli altri.
Caro Bocelli, nell’album c’è anche una strepitosa versione in inglese del Padre Nostro.
«È una delle preghiere più importanti dell’umanità. E nell’interpretarlo ci ho messo qualcosa in più di me e della mia anima».
La interpreta con i 450 maestri mormoni del Coro Tabernacle di Salt Lake City, uno dei più importanti del mondo.
«È un segno che mi sembra importante anche per il dialogo tra le diverse confessioni religiose».
Ma canterà il Padre Nostro anche nei suoi concerti in Medio Oriente?
«Perché no? Ma non canterei mai preghiere che contrastano con i miei valori».
È d’accordo con chi vorrebbe togliere i crocifissi dalle scuole?
«Credo che quella sia solo una provocazione. Mi piace credere che siamo uno Stato libero. Più che togliere le cose, vorrei aggiungerle».
Una posizione coraggiosa...
«Io aspetto a cuore aperto il dialogo interreligioso, ma sono d’accordo con il discorso contro il relativismo che Benedetto XVI fece il giorno della sua investitura. Domani sarò all’incontro con lui nella Cappella Sistina con altri duecentocinquanta artisti».
Lei ha fede?
«La fede è fondamentale. Credo anch’io che ci voglia più fede a non credere che a credere».
L’ateismo è un impegno difficile.
«E in termini pascaliani, sono convinto che il creato sia una manifestazione evidente di una volontà intelligente. Il mio è un percorso che è iniziato da bambino, si è perso durante l’adolescenza e poi è ripreso fortemente».
Intanto lei è diventato l’eroe dei due mondi. A proposito, l’immagine dell’Italia all’estero è così danneggiata come si dice?
«Assolutamente no. Al contrario mi sembra migliorata. Quando ho iniziato quasi vent’anni fa, c’erano ancora pregiudizi verso di noi».
In ogni caso, è il cantante italiano più famoso in circolazione.
«E a marzo lascerò la mia impronta sul Marciapiede delle Stelle di Hollywood».
Quindi niente ospitata al Festival di Sanremo.
«Non ho ancora deciso».
Arriverebbe nella serata dedicata alle canzoni più famose della storia di Sanremo. Lei quale sceglierebbe?
«Toccasse a me, farei Ancora di Eduardo De Crescenzo».
Il Festival quest’anno ha aperto alle canzoni dialettali.
«È divertente. E i dialetti sono una grande forma espressiva».
E il giovane tenore ad Amici? Matteo Macchioni è sempre in testa alla classifica di gradimento.
«Esperienza in sé interessante perché apre le porte della musica lirica a chi non la conosce ancora».
Trasversalità è la parola d’ordine. Anche lei in «My Christmas» duetta con l’italiana Malika Ayane e pure con Mary J. Blige e Natalie Cole.
«E quando glielo abbiamo proposto hanno detto subito di sì. Con Mary J. Blige ho appena duettato anche da Oprah Winfrey».
E sul cd canta anche «Jingle Bells» con i Muppets.
«Sono eroi dei bambini e questo disco è dedicato anche a loro. Per me è sempre stata la festa più bella del mondo. E, quando ero bambino io, se il parroco non faceva intonare Tu scendi dalle stelle, per me non era proprio Natale».
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