Ristorante di Roma ripuliva soldi della 'Ndrangheta: sequestrato immobile

Il caso del ristorante "Antica Trattoria da Pallotta" si inserisce nella maxi operazione denominata "Eureka". Ecco come veniva gestita l'attività

Ristorante di Roma ripuliva soldi della 'Ndrangheta: sequestrato immobile

Sequestrata una trattoria a Ponte Milvio dopo che le indagini degli inquirenti hanno portato alla luce un'attività di riciclaggio di denaro per conto della ‘Ndrangheta. Ad essere colpito dal provvedimento è il ristorante "Antica Trattoria da Pallotta", gestito dal 2012, e finito al centro della già nota operazione "Eureka", che ha portato all'arresto di ben 108 soggetti.

Le attività controllate dalla ‘Ndrangheta

Secondo quanto si legge nell'ordinanza firmata dal gip di Reggio Calabria Valerio Trovato l'attività investigativa condotta dai carabinieri ha permesso di "accertare l'operatività in Italia e Portogallo di un'associazione a delinquere, con base decisionale in San Luca e Benestare, finalizzata alla commissione di una serie di intestazioni fittizie di società operanti prevalentemente nel campo della ristorazione, di reati in materia tributaria e di operazioni di autoriciclaggio, reiterando le dinamiche criminali del cosiddetto 'Gruppo di Erfurt', costituitosi negli anni '90, a opera di un gruppo di soggetti calabresi, legati da vincoli di parentela alla famiglia Pelle 'Gambazza', trasferiti in Germania".

Il locale in questione, nello specifico, come scrive Roma Today aveva come facente capo il 62enne originario di San Luca Domenico Giorgi, socio occulto della società Caffè In srl. Tra i ricavi ottenuti in nero e l'autoriclaggio, fruttava grosse cifre di denaro.

Non solo la trattoria di Ponte Milvio fungeva da "lavatrice" per i soldi sporchi. La società Caffè In srl controllava anche altri cinque ristoranti italiani siti all'estero, per la precisione in Portogallo, a Lisbona, Braga e Porto.

L'importanza delle intercettazione

A ricoprire un ruolo fondamentale nell'attività investigativa le intercettazioni ambientali, come quelle effettuate all'interno dell'appartamento sito in via della Farnesina, a Roma, e affittato da Caffé In srl. Ascoltando le conversazioni fra i vari personaggi, gli inquirenti si sono fatti un'idea chiara della gestione degli affari.

"Allora… due milioni e sessantasette nel 2018… uno e novantasei nel 2019…2020…uno e cinquantotto… un milione in meno", diceva Francesco Giorgi (figlio di Domenico Giorgi) al cognato Francesco Nicitra, come riportato da FanPage.

Nell'appartamento di via della Farnesina, rivelano gli inquirenti, si trova una cassaforte "dove vengono immesse ingenti somme in contanti riferibili al gruppo, sia portoghese che italiano, ai fini del conteggio e della ripartizione; somme frutto dei proventi 'in nero', distratti dalle attività di ristorazione italiane e portoghesi e del versamento di quote di partecipazione a opera dei soci occulti".

Per il giudice per le indagini preliminari le accuse sono chiare, ossia l'aver "posto in essere una sistematica strategia fondata sull'evasione fiscale e sulla ripartizione occulta degli elementi attivi sottratti al fisco, atteso il significativo discostamento tra gli incassi effettivi e quelli formalmente dichiarati".

Da qui il

provvedimento di sequestro del locale, come richiesto dal pubblico ministero. Sequestrato anche il capitale sociale e il patrimonio aziendale della società Caffè In srl, oltre che di quelle in Portogallo.

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