È finito in manette un trafficante di uomini responsabile anche di torture. L'uomo, un 20enne del Ghana sbarcato a Lampedusa il 5 marzo, è stato arrestato dalla polizia di Agrigento, che lo ha salvato da un tentativo di linciaggio da parte di alcuni immigrati. Terribili i racconti delle persone passate sotto le sue grinfie: "Spesso collegava degli elettrodi alla mia lingua per farmi scaricare addosso la corrente elettrica". "Porto ancora addosso i segni delle violenze fisiche subite, in particolare le ustioni dovute all'acqua bollente che mi veniva versata addosso". Secondo le accuse l'uomo arrestato sarebbe responsabile dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla tratta, al sequestro di persona, alla violenza sessuale, all'omicidio aggravato e al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, oltre che per i singoli reati scopo, realizzati in concorso con altri trafficanti.
I migranti hanno raccontato alla polizia che venivano sottoposti a torture anche in diretta telefonica con i propri parenti, ai quali era richiesto il pagamento di un riscatto per porre fine alle sofferenze dei propri cari. "Ogni volta che dovevo telefonare a casa, lui mi legava e mi faceva sdraiare per terra con i piedi in sospensione e, così immobilizzato, mi colpiva ripetutamente e violentemente con un tubo di gomma in tutte le parti del corpo e in special modo nelle piante dei piedi, tanto da rendermi quasi impossibile la deambulazione".
Mohamed, un ragazzo della Costa d'Avorio tra le vittime di 'Fanti', ha raccontato agli investigatori la sua storia: "Sono partito nel giugno 2015 per raggiungere l'Europa, ho intrapreso il viaggio che mi ha portato ad attraversare il Mali e il Burkina Faso, sino alla città di Agades in Niger. Ad Agades ho contattato un membro dell'organizzazione di trafficanti, i quali dietro il corrispettivo di 150 mila Fefa mi promettevano di trasportarmi fino alla città libica di Sabah". E qui è inizia l'odissea di Mohamed: "Giunti a Sabah io e altri migranti fummo sequestrati da un libico di nome Ali che ci rinchiuse in un grande casolare, recintato da alti muri in pietra, vigilato dai suoi associati armati. Alì ci costrinse a contattare i nostri familiari, al fine di costringerli a versare un riscatto in cambio della liberazione".
Mohamed rimase sotto sequestro per circa due mesi. "In quel periodo fui più volte torturato al fine di convincere i miei familiari a versare il loro riscatto preteso. Porto ancora addosso i segni delle violenze subite, in particolare delle ustioni dovute all'acqua bollente che mi veniva versata addosso".
L'uomo arrestato è accusato da Mohamed di averlo "frustato per due mesi con un cavo elettrico, procurandogli delle profonde lacerazioni su tutto il corpo". Un altro gli versò addosso una pentola "con acqua bollente" procurandogli alcune ustioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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