Bancarotta Renzi

L'Istat demolisce le balle del premier: la ripresa non c'è. Il Pil si è fermato e la crescita è a zero. Ci salvano Draghi e l'export

Bancarotta Renzi

Da mister zerovirgola a mister zeropunto. Matteo Renzi non riesce più neppure a galleggiare nella mediocrità e blocca l'Italia a crescita zero, come ha certificato ieri l'Istat. Nel secondo trimestre, nonostante un giorno lavorativo in più rispetto al precedente, il Pil è rimasto più che fermo, immobile, gelando le attese sbandierate dal governo di una crescita attorno allo 0,2, che comunque sarebbe stato un dato ben lontano dalla media dei Paesi europei. Come se non bastasse, a giugno il debito pubblico ha segnato il nuovo record di 2248 miliardi, mandando a gambe all'aria tutte le previsioni sui conti dello Stato che, a questo punto, andranno rivisti. Prepariamoci ad aprire il portafoglio e a pagare i conti della premiata ditta Renzi: due anni disastrosi, roba da libri in tribunale nonostante i trucchi da illusionista messi in campo e i continui diversivi. Matrimoni gay, fecondazioni artificiali, spinelli liberi, riforma del Senato: di questo si è occupato il Parlamento. Un'agenda lunare, cioè lontana anni luce dai problemi terreni, i cui nodi stanno venendo inevitabilmente al pettine.

Pensava, Renzi, di sfangarla mettendo l'informazione Rai al suo servizio. Niente brutte notizie e il gioco è fatto. Non ha tenuto conto che, per capire come gira il vento, non è necessario accendere la tv, basta parlare con il vicino di ombrellone, con il gestore del tuo bagno, fare due passi in centro. La stagione non è decollata e un motivo ci sarà. E sicuramente non è l'incertezza sull'esito del referendum costituzionale come ci vogliono fare credere. Dire che se vincessero i «no» sarebbe il disastro economico è disonesto, terrorismo politico. Anche un cretino capisce che non c'è nessuna relazione tra il numero dei senatori e la crisi.

Il disastro è Matteo Renzi e, purtroppo, si è già compiuto, comunque vada il referendum. Il premier cadrà sui soldi che non ci sono, non sui senatori «diversamente eletti», e questo accadrà anche nel malaugurato caso di una sua vittoria referendaria.

Tanto vale giochi d'anticipo e - come ha fatto Berlusconi con un Milan non più sotto controllo - si faccia da parte come ultimo «gesto d'amore», in questo caso non per la sua squadra ma per il suo Paese. Che un «cinese» disposto a subentrare da qualche parte lo si trova.

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