Lo schema è esattamente quello di tre mesi fa. Quando per evitare la procedura d'infrazione di Bruxelles i Cinque stelle furono costretti ad arretrare dalla loro linea Maginot sul deficit al 2,4% del Pil. L'asticella scese come d'incanto al 2%, ma con un geniale artificio ci si accordò con l'Ue per un improbabile 2,04%. Così si poteva passare velocemente sullo zero, dire «due e quattro» e far finta che nulla fosse cambiato rispetto a quel 2,4% su cui Luigi Di Maio era pronto a immolarsi solo qualche settimana prima. D'altra parte, per il M5s la propaganda è tutto. E quel che conta non è certo la sostanza ma l'apparenza. Non quel che è, ma quel che potrebbe essere.
Così è andata ieri, con Palazzo Chigi e la potente macchina della comunicazione dei Cinque stelle che hanno messo in scena una gigantesca truffa mediatica. Una supercazzola da far invidia al Conte Mascetti. Ha aperto (...)
(...) le danze il portavoce del premier Rocco Casalino, veicolando via WhatsApp che si stava andando verso un «rinvio dei bandi». A stretto giro sono seguiti una sfilza di grillini, dal sottosegretario alle Infrastrutture Michele Dell'Orco a quello all'Economia Laura Castelli, tutti elettrizzati dall'ineluttabile stop alla Tav. Ci ha messo il cappello pure Di Maio. E infine è stato Giuseppe Conte a pubblicare su Facebook la sua lettera a Telt, società italo-francese incaricata di realizzare la Torino-Lione, con tanto di premessa muscolare: li ho invitati ad astenersi da qualunque attività che possa impegnare lo Stato italiano sui bandi e gli ho chiarito che il progetto va «ridiscusso integralmente». E via a celebrare la grande vittoria del M5s che ha finalmente bloccato la Tav.
Peccato le cose non stiano così. E che lo scenario che raccontano i grillini sia solo il frutto di una gigantesca bufala mediatica. In cui inciampano pure il Pd e Forza Italia che invece di rispondere per le rime attaccano Conte e i Cinque stelle per aver bloccato la Tav e il progresso del Paese. Niente di più falso, almeno per ora. Per capirlo basta dare una scorsa alla lettera con cui Telt risponde a Palazzo Chigi. «In assenza di atti giuridicamente rilevanti che comportino istruzioni di segno contrario - si legge nella missiva - il Cda autorizzerà la pubblicazione degli avis de marchés». Traduzione: avendoci il premier mandato una lettera che non ha alcun valore vincolante e non essendoci alcun atto formale in senso contrario da parte del Consiglio dei ministri, domani partirà l'iter di avvio dei bandi. Insomma, tutto come previsto. L'importante, infatti, era arrivare al 31 marzo con i bandi aperti così da non perdere la prima tranche da 300 milioni del finanziamento europeo. Fatto questo, M5s e Lega possono tranquillamente continuare il balletto della Tav. I primi andranno avanti a dire che hanno vinto loro e che non si farà, i secondi si faranno invece forti del fatto che effettivamente l'iter per la realizzazione della Torino-Lione sta procedendo senza intoppi. Senza un solo atto formale del governo che la metta in discussione. Un gioco delle parti per certi versi concordato, visto che ieri Matteo Salvini ha consapevolmente scelto di lasciare spazio al battage mediatico orchestrato dal M5s limitandosi a veicolare solo off record la sua soddisfazione (che certamente oggi troverà spazio nei retroscena di molti giornali). D'altra parte, sia M5s che Lega hanno interesse ad arrivare alle Europee del 26 maggio senza scannarsi e, possibilmente, continuando a lisciare i rispettivi elettorati.
Anche un'opera centrale per il Paese come è la Tav, dunque, finita vittima della propaganda
elettorale permanente di Lega e Cinque stelle. Che sono arrivati a Palazzo Chigi rivendicando un «nuovo modo di fare politica» e che sempre più spesso sembrano disposti a tutto pur di tenere saldamente in mano il potere.
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