Berlino, ora è allarme jihad Ucciso terrorista di Al Qaida

L'uomo di origine irachena, 41 anni, ha attaccato una poliziotta con un coltello Era in libertà vigilata: nel 2004 aveva partecipato alla pianificazione di un attentato

L'attentatore è un uomo di origini irachene, vicino ad ambienti islamisti. Il 41enne, che abitava a Berlino, avrebbe partecipato nel 2004 alla pianificazione di un attentato, che fu sventato, contro l'allora presidente dell'Irak Iyad Allawi durante una visita in Germania. Il procuratore Dirk Feuerbach ha spiegato: «La persona uccisa era un cittadino iracheno a noi noto, condannato per appartenenza a un gruppo terroristico straniero a 8 otto anni di prigione nel 2008». Rafik era stato però rilasciato nel 2013. L'uomo stava scontando la parte conclusiva della pena e veniva controllato con un braccialetto elettronico che aveva rimosso stamattina prima di compiere il suo gesto.

In una giornata concitata e segnata dall'irrompere di questo drammatico fatto di cronaca, l'emergenza profughi sbarca al Salone dell'auto di Francoforte. Angela Merkel a sorpresa rivolge un appello ai colossi del mercato. «Il nostro è un paese allettante e molti rifugiati si aspettano che noi li aiutiamo nel percorso di integrazione», dice dal palco il cancelliere tedesco sollecitando i produttori di auto a fornire occasioni di lavoro e di formazione a chi fugge dalle guerre o dalle dittature. Contemporaneamente, però, la Germania sta stringendo le maglie e sta respingendo chi non è in grado di fornire prove sulla sua provenienza da teatri di guerra.

Nel frattempo migliaia di migranti continuano a varcare il confine tra Serbia e Croazia, per raggiungere l'Europa, dopo la chiusura della frontiera ungherese e la dura repressione della polizia di Budapest. Dopo ore di attesa al confine i rifugiati hanno sfondato il cordone della polizia e ci sono state scene di caos quando gli agenti, in assetto antisommossa, hanno tentato di respingere centinaia di persone che premevano per entrare in Croazia. Di fronte a un'emergenza senza precedenti, il premier croato, Zoran Milanovic, ha annunciato che le capacità del Paese di accettare e registrare i migranti sono «limitate». «Non siamo più in grado di riceverli. Siamo pronti a chiudere le frontiere con la Serbia» ha aggiunto il ministro dell'Interno Ranko Ostojic. Pronta la risposta di Belgrado: in tal caso si aprirà un contenzioso presso le sedi giuridiche internazionali. Le risposte dell'Ue tardano ad arrivare. Bruxelles ha convocato un nuovo summit straordinario, questa volta a livello di capi di Stato e di governo, il prossimo 23 settembre per discutere della crisi dei migranti e dei rifugiati. L'Ue ha anche smentito l'intenzione di voler ritirare la proposta di una ripartizione «obbligatoria e urgente» di 120mila rifugiati, che intanto è stata approvata a larga maggioranza dal Parlamento Ue. La costruzione della maggioranza qualificata necessaria in Consiglio è però ancora lontana dall'essere raggiunta. Due Paesi contrari alle quote Ue hanno aperto alla possibilità di accogliere i rifugiati: la Danimarca è disposta a dare asilo a mille persone, ma su base volontaria; la Repubblica Ceca, per far fronte alle forti esigenze di manodopera nel Paese, potrebbe accoglierne 15mila.

Difficilmente, però, i due Paesi derogheranno dalla linea iniziale e apriranno al sistema delle quote europee, preferendo lo schema dell'iniziativa demandata ai singoli Stati, senza cessione di sovranità su questo delicatissimo fronte.

di Fabrizio de Feo

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