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Bivio Quirinale: il primo paletto o l'ultimo aiuto?

Dopo aver inutilmente alzato la voce per settimane per poi incassare in silenzio una lunga serie di strappi non solo al bon ton istituzionale ma a quella che è semplice buona educazione, ora prova a giocare d'attacco e uscire dall'angolo

Bivio Quirinale: il primo paletto o l'ultimo aiuto?

Giornata difficile quella di Sergio Mattarella. Che, dopo aver inutilmente alzato la voce per settimane per poi incassare in silenzio una lunga serie di strappi non solo al bon ton istituzionale ma a quella che è semplice buona educazione, ora prova a giocare d'attacco e uscire dall'angolo. Uno smarcamento per nulla facile, visto che ormai da quasi tre mesi Luigi Di Maio e soprattutto Matteo Salvini giocano ad impallinare il capo dello Stato sull'altare della superiore volontà popolare. Il tutto con una buona dose di sfrontatezza e pure con una certa noncuranza, tanto che ieri - al termine delle consultazioni - il leader della Lega ci ha tenuto a dire che sarà il premier incaricato a proporre i ministri a «chi di dovere». Una formula volutamente impersonale, a ribadire quanta distanza ci sia tra Salvini e Mattarella. Con buona pace dell'irritazione fatta trapelare solo qualche ora prima proprio dal Colle, infastidito da «diktat inammissibili» nella formazione del governo.

D'altra parte, in questi 81 giorni di consultazioni permanenti, tra il Quirinale e i due vincitori delle elezioni si è venuta a creare un'interazione fortemente asimmetrica. Con Mattarella che si è trovato ad assecondare con indulgenza comportamenti piuttosto bizzarri, ricevendo però in cambio solo sgarbi. Quello più grosso lunedì scorso, quando Di Maio e Salvini - evidentemente d'intesa - sono usciti dal Colle e, prima uno e poi l'altro, hanno candidamente confermato ai giornalisti di aver proposto il nome di Giuseppe Conte. Solo l'ultimo di una lunga serie di strappi, iniziati prima delle elezioni con l'imbarazzante spettacolo di Di Maio che viene ricevuto dal segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, per consegnare un'improbabile quanto inverosimile lista dei ministri del futuro governo a Cinque stelle. Aver prestato il Colle a quella che è stata con tutta evidenza un'operazione esclusivamente mediatica - la lista dei ministri, come è noto, la presenta al capo dello Stato solo il premier incaricato - è stato il momento in cui Mattarella ha forse mostrato per la prima volta quell'indulgenza con cui si sarebbe poi mosso nelle settimane a venire. Tutto il resto a cascata, a cominciare dai molti tentativi di moral suasion caduti rovinosamente vuoto. Prima la richiesta di un premier politico, poi quella di uno con un curriculum più pesante di Conte sono state infatti rispedite al mittente. Si è andati avanti così, con Mattarella a chiedere con garbo e Di Maio e Salvini a declinare sempre, a volte con fermezza a volte persino con ostentata impazienza. Fino a ieri, quando dopo aver incassato per settimane, il Quirinale ha deciso di alzare la voce e replicare alle insistenze di chi - Di Maio e soprattutto Salvini - vogliono a tutti i costi portare l'euroscettico Paolo Savona al ministero dell'Economia. Un braccio di ferro che, almeno a ieri sera, vedeva i due decisamente in vantaggio sul Colle.

Se davvero la partita finisse così, questa volta - dopo aver voluto battere i pugni sul tavolo - la sconfitta del Quirinale sarebbe ancora più sonora.

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